Terapia fotodinamica antimicrobica
La terapia fotodinamica si avvale
dell'uso di sostanze fotosensibili, capaci di legarsi alla parete
dei microrganismi, e dell'impiego di laser a bassa potenza in grado di
eccitare i substrati fotosensibili e di liberare radicali che, reagendo con l'ossigeno, possono uccidere i microrganismi. E' stata usata con successo nel trattamento
delle parodontiti, delle peri-implantiti e delle endodontiti, anche in
presenza di microrganismi antibiotico-resistenti.
Attualmente si
può affermare che la PDT sembra dimostrare buone potenzialità
terapeutiche in associazione alle terapie tradizionali nella cura
della parodontite. Ulteriori trail clinici randomizzati e meta
analisi sono necessari per valutare i risultati a lungo termine di
questo approccio terapeutico.
La terapia fotodinamica antimicrobica
(PDT) è divenuta, negli ultimi anni, un metodo alternativo, non
invasivo, per il trattamento di batteri, virus, miceti, in
particolare in presenza di microrganismi resistenti alla terapia
antibiotica. La PDT precede l'utilizzo di coloranti o sostanze
fotosensibilizzanti, innocui per i tessuti, in combinazione con una
sorgente di luce visibile di opportuna lunghezza d'onda capace,
in presenza di ossigeno, di eccitare i substrati fotosensibili, con
la produzione di specie reattive dell'ossigeno, come l'ossigeno
singoletto o i radicali idrossilici, idonee ad uccidere le
cellule.
L'inattivazione fotodinamica rappresenta una nuova
possibilità di eliminare i microrganismi
patogeni che infettano i
tessuti, in particolare quando si è in presenza di ceppi
antibiotico-resistenti che, secondo quanto dimostrato dalle
ricerche, presentano la stessa sensibilità alla terapia fotodinamica
dei ceppi selvatici. Poiché l'applicazione della luce a livello
tessutale non può che avvenire localmente, la PDT trova
applicazione solo in patologie locali.
L'uso della terapia
fotodinamica in odontoiatria si sta espandendo: attualmente viene
utilizzata nel trattamento dei tumori (carcinomi) della cavità
orale, nella terapia delle micosi orali, nella diagnosi fotodinamica
delle lesioni precancerose orali, nel trattamento della malattia
parodontale.
I meccanismi d'azione della PDT
Il termine "azione fotodinamica"
viene utilizzato in reazioni nelle quali le molecole che fungono
da fotosensibilizzatori prevedono l'intervento dell'ossigeno;
si possono distinguere due tipi di
meccanismi.
Meccanismo di tipo I: si tratta di una reazione radicalica o redox in cui un fotosensibilizzatore
eccitato allo stato di tripletto (3S)
interagisce con un substrato (A) con lo scambio di un
elettrone o
di un atomo di idrogeno. Il substrato può reagire con
l'ossigeno o con altre molecole di substrato, in un processo
a catena.
In entrambi i casi si ha una
molecola di substrato ossidata. La
reazione di tipo I può anche essere indipendente dall'ossigeno,
come avviene nell'interazione dello psoralene con il
DNA.
Meccanismo di tipo II: avviene attraverso un processo di trasferimento di energia, più
comunemente attraverso un processo di ossidazione che porta alla formazione di un ossigeno singoletto.
Gli agenti fotosensibilizzanti
Si conoscono più di quattrocento
composti con proprietà fotosensibilizzanti; tra le
sostanze
utilizzate per scopi medici vi sono: i coloranti
triciclici con diversi mestatomi: arancio di acridina, proflavina,
riboflavina, blu di metilene, fluoresceina, eritrosina, rosa
bengala; tetrapirroli: porfirine e derivati, clorofilla,
filloeritrina, ftalocianine; furocumarine: psoralene e suoi
metossi-derivati, xantotossina, bergaptene.
Le porfirine, tra le
prime sostanze utilizzate come agenti fotosensibilizzanti, presentano
una banda di assorbimento massimo intorno ai 400 nm e bande di
assorbimento minori tra i 500-700 nm.
Le porfirine utilizzate
nella terapia fotodinamica (PDT) sono:
- l'ematoporfirina (HP);
- il suo derivato HPD;
- il Photofrin (PII), una forma parzialmente purificata di HPD.
Queste sostanze sono ritenute agenti
fotosensibilizzatori di prima generazione.
I fotosensibilizzatori
di seconda generazione comprendono le clorite, le ftalocianine,
le
naftalocianine e i derivati della benzoporfina, l'acido
5-aminolevulinico (ALA), la metatetraidrossifenilclorina (m-THPC;
temoporfin).
Tutte queste sostanze dimostrano una grande capacità
di generare molecole di ossigeno
singoletto.
Nella terapia
fotodinamica antimicrobica i fotosensibilizzatori più utilizzati
sono il blu di toluidina e il blu di metilene: entrambi hanno
un'elevata capacità di inattivazione verso batteri gram negativi
e positivi coinvolti in patologia parodontale.
La PDT in Odontoiatria
L' utilizzo della PDT in campo
odontoiatrico si va sempre più diffondendo, in particolare
nel trattamento antimicrobico delle patologie infettive del cavo
orale. Due sono le patologie maggiormente coinvolte nella ricerca
internazionale: la malattia parodontale e la carie. Entrambe
le patologie sono la conseguenza della formazione di biofilm sui
denti e sui tessuti molli del cavo orale. Va preliminarmente
ricordato che l sensibilità alla PDT è differente nei batteri gram
positivi e gram negativi. In generale si è riscontrato che i
batteri gram positivi sono uccisi in modo più efficace in
presenza di fotosensibilizzatori caratterizzati da molecole neutre,
anioniche o cationiche, mentre i gram negativi sono sensibili
all'azione di fotosensibilizzatori di natura cationica o a
strategie che aumentino la permeabilità della membrana a sostanze
non cationiche.
La malattia parodontale è caratterizzata da
infiammazione del tessuto connettivo nelle tasche parodontali e
riassorbimento dell'osso alveolare. L'uso della PDT nelle
parodontiti affianca generalmente la terapia meccanica
tradizionale. De Oliveira e collaboratori, in uno studio condotto su
dieci pazienti trattati con un protocollo split-mouth con PDT mediane
l'utilizzo di una sorgente laser di lunghezza d'onda di 690 nm
in associazione con fenotiazine o con SRP (scaling and root planing,
rimozione del tartaro e curettage radicolare) con strumenti a mano,
hanno evidenziato, a distanza di tre mesi, risultati clinici
simili in entrambi i trattamenti di forme aggressive di parodontiti.
Sia negli elementi dentali (test) trattati solo con PDT che negli
elementi del gruppo di controllo si sono rilevate significative
riduzioni dell'indice gengivale (GI), del sanguinamento al
sondaggio (BOP, bleeding on probe) e dei valori della profondità di
sondaggio (PD) e della recessione gengivale (GR). In un altro studio
più recente gli stessi autori hanno comparato gli effetti della PDT
rispetto al trattamento non chirurgico mediante SRP, studiando i
livelli di citochine presenti nel fluido crevicolare di pazienti
affetti da parodontite aggressiva, dimostrando differenze non
significative nelle due metodiche.
Braun e collaboratori, in uno
studio clinico randomizzato del tipo split-mouth, che ha
coinvolto venti pazienti affetti da parodontite cronica, hanno
rilevato a distanza di tre mesi valori più bassi della portata
del fluido sulculare (sulcus fluid folw rate - SFFR; la misura del
fluido viene solitamente usata per valutare la malattia
parodontale, in cui l'infiammazione è associata ad accumulo di
liquido nella fessura gengivale), del sanguinamento al sondaggio
(BOP), della profondità di sondaggio (PD) negli elementi dentari
trattati con PDT in aggiunta a scaling and root planing (SRP)
rispetto a quelli trattati unicamente con SRP.
Christodoulides e
collaboratori (16) hanno
valutato, in uno studio che ha interessato venti pazienti, gli
effetti clinici e microbiologici dell'uso di trattamenti non
chirurgici (SRP) associati o meno alla PDT nel trattamento della
parodontite cronica. A distanza di tre e sei mesi dal trattamento,
gli autori non hanno riscontrato significative differenze tra il
gruppo test e quello di controllo relativamente ai valori della
perdita di attacco clinico CAL (clinical attachment level), PD
(profondità di sondaggio) e FMPS (full-mouth claque score), mentre
hanno evidenziato un notevole miglioramento dei valori del
sanguinamento gengivale nei pazienti sottoposti anche a PDT. A conclusioni simili sono giunti anche Chodros e
collaboratori.
L'applicazione ripetuta della terapia
fotodinamica (cinque volte in un periodo di due settimane)
ha migliorato i parametri clinici, misurati a tre, sei e dodici
mesi, in un gruppo di dieci pazienti con tasche gengivali residue
(PD ≥ 5 mm), trattati con terapia di mantenimento: sono stati
riportati miglioramenti significativi della profondità di
sondaggio (PD), del clinical attachment level (CAL) e del
sanguinamento al sondaggio (BOP).
Un significativo miglioramento
dei dati clinici è stato riscontrato a distanza di un
mese
dall'applicazione di PDT associata a scaling e root planing
(SRP), rispetto alla sola SRP in Lui e
collaboratori (19),
con diminuzione dei valori di profondità di sondaggio e del
sanguinamento al
sondaggio, del volume del fluido crevicolare e
dei livelli di interleuchina-1β (IL-1β) nel fluido.
Riscontri
significativamente meno favorevoli circa l'effettiva utilità della
PDT nel trattamento delle parodontiti croniche, in aggiunta alla
terapia meccanica tradizionale o all'uso di ultrasuoni,
rispetto alla sola terapia meccanica, si hanno in Polansky e
collaboratori (20) e in
Rühling e collaboratori che riportano valori non dissimili nel
gruppo test e nel gruppo controllo per quanto concerne l'indice
placca, il sanguinamento al sondaggio, la profondità delle tasche ed
i livelli clinici di attacco della mucosa.
In uno studio clinico
recente Giannelli e collaboratori hanno valutato l'efficacia di
un
trattamento fotodinamica ripetuto (con un numero di
applicazioni variabile da 4 a 10, con frequenza settimanale)
associato a scaling-root planing (SRP), rispetto al solo trattamento
meccanico, riscontrando, a distanza di un anno, significative
riduzioni della profondità di sondaggio, dei livelli clinici di
attacco e della contaminazione batterica.
La capacità della PDT
di uccidere microrganismi presenti nel cavo orale e capaci di
provocare
parodontopatie è stata dimostrata in diversi lavori in
vitro: Streptococcus sanguis, Porphyromonas gengivalis,
Fusobacterium nucleatum Actinobacillus actinomycetemcomitans sono
uccisi dal laser
He/Ne a 7,3 mW in soli 30 secondi dopo
sensibilizzazione con blu di toluidina 0/blu di metilene; in modo
simile colture in vitro di Actinobacillus actinomycetemcomitans,
Fusobacterium, Porphyromonas gingivalis, Prevotella intermedia e
Streptococcus sanguis, esposte ad un laser HeNe (632,8 nm) da 30 mW
di output, o ad un laser a diodi a 665 nm o a 830 nm da 100 mW
di output, in presenza di blu di metilene sono state distrutte
dopo una esposizione di 60 secondi.
Ceppi di Pseudomonas
aeruginosa, multi-resistenti agli antibiotici, sono uccisi dalla
irradiazione con diodi a luce rossa (630 nm, 90 J/cm2)
dopo sensibilizzazione con blu di toluidina.
L'uso della PDT nel
trattamento delle infezioni endodontiche causate dalla placca
batterica è stato studiato ex vivo, su denti estratti: Fonseca e
collaboratori, dopo averne contaminato il canale
radicale con
Enterococcus faecalis, hanno registrato una diminuzione del 99,9% del
CFU (Colony forming unit) a seguito dell'applicazione di una
soluzione 0,0125% di blu di toluidina per 5 minuti seguita da
irradiazione con luce laser (Ga-Al-As) (660nm/20 mW). Soukos e
collaboratori hanno ottenuto risultati simili in esperimenti con E.
faecalis, utilizzando come sensibilizzatore il blu di metilene e
una fibra ottica a luce rossa a 660 nm (222 J/cm2).
Garcez
e collaboratori (28) hanno
utilizzato la PDT per uccidere batteri gram negativi quali
P.
aeruginosa e Proteus mirabilis in denti estratti. Sempre Garcez
e collaboratori hanno trattato
venti pazienti colpiti da
pulpite necrotizzante e lesioni periapicali sia con terapia
endodontica
standard, con rimozione del tessuto necrotico ed
applicazione di soluzioni antibatteriche (perossido d'idrogeno e
ipoclorito), sia con PDT (660 nm) associata a polietilenimmina
coniugata con calorica (e6) e terapia endodontica standard, con una
riduzione molto significativa nel numero delle CFU dopo la terapia
combinata.
La PDT risulta inoltre efficace anche nei confronti di
infezioni endodontiche caratterizzate dalla presenza di
microrganismi antibiotico-resistenti.
L'utilizzo della
fotosensibilizzazione è stato esteso al trattamento delle
peri-implantiti: sia studi in vitro, sia studi condotti in vivo su
pazienti affetti da peri-implantiti hanno dimostrato
una significativa diminuzione dei patogeni presenti. In uno studio
condotto su quindici pazienti con segni clinici e radiografici di
peri-implantite, Dörtbudak e collaboratori
hanno dimostrato che l'applicazione sulla superficie
dell'impianto di blu di toluidina per un minuto,
seguita dall'irradiazione per 60 secondi con laser a diodi (690
nm), ha portato ad una significativa (P<0,0001) riduzione del
numero di batteri (Porphyromonas gingivalis, Prevotella intermedia
e Actinobacillus actinomycetemcomitans) presenti sulla superficie
degli impianti trattati.
Schär e collaboratori (33)
hanno riscontrato, in uno studio clinico randomizzato su 40
pazienti con diagnosi di peri-implantite iniziale, una significativa
riduzione degli indici infiammatori
(sanguinamento al sondaggio,
profondità di sondaggio, indice placca, recessione mucosa) a tre
e sei mesi, sia nei pazienti trattati con terapia meccanica non
chirurgica associata a PDT, sia nel gruppo di controllo trattato
localmente con microsfere di minociclina.
Le osteiti alveolari si
presentano con un'incidenza variabile del 3-25%, quale
complicazione di una estrazione dentaria: la causa più importante
è un'assenza di irrogazione sanguigna dell'osso
alveolare
favorita sia da fattori locali che sistemici. La terapia fotodinamica
post estrattiva può costituire un'utile prevenzione
dell'osteite alveolare e dell'insorgenza del dolore post
estrattivo. In uno studio compiuto su 100 pazienti Neugebauer e
collaboratori hanno
trattato i siti estrattivo con terapia fotodinamica mediante
l'applicazione di un sensibilizzante (Helbo Blue) per 60
secondi seguita dalla esposizione alla luce rossa della lunghezza
d'onda di circa 670 nm (Laser Helbo
Theralite 100 mW/cm2)
per 60 secondi. Il gruppo test presentava a distanza di otto giorni
un solo caso di osteite in un sito estrattivo contro 13 del gruppo
di controllo; anche gli indici della scala VAS, relativi alla
valutazione soggettiva del dolore, erano significativamente inferiori
rispetto al gruppo di controllo.
Rischi ed effetti collaterali della PDT
Si possono classificare in due
categorie: la prima è correlata agli effetti della luce; la seconda
è legata all'azione delle sostanze fotosensibilizzanti e alla loro
attivazione chimica.
L'utilizzo della luce laser può in primo
luogo provocare irradiazione involontaria degli occhi del paziente;
è quindi necessario l'utilizzo di occhiali protettivi per il
paziente, l'operatore e gli assistenti. È poi necessario
valutare l'effetto termogenico della luce laser sui tessuti: si
ritiene tuttavia che la lunghezza d'onda dei diodi laser e i
tempi brevi di irradiazione non siano in grado di provocare un
effetto termico che possa danneggiare i tessuti parodontali
all'interno della tasca gengivale o i tessuti coronali. Va
comunque evitata una prolungata applicazione su una singola zona
di tessuto per prevenire possibili lesioni ai tessuti profondi.
Per
quanto riguarda il secondo punto, la sicurezza della PDT è stata
dimostrata in numerosi studi su animali e in studi clinici,
tuttavia non sono ancora del tutto noti i possibili cambiamenti a
breve e lungo termine dei tessuti parodontali quando la PDT è
associata alla terapia meccanica convenzionale. Studi in vitro e
su animali sembrano confermare che le concentrazioni di
foto sensibilizzatore e l'energia radiante utilizzati durante la
PDT hanno modesti effetti sui tessuti dell'ospite mentre sono
distruttivi sui microrganismi coinvolti.
Anche Luan e
collaboratori non hanno rilevato istologicamente fenomeni necrotici
o
infiammatori nella mucosa gengivale, nella dentina, nella polpa
o nel tessuto osseo alveolare dopo PDT.
Il Dr. Barresi Fabrizio ha acquisito la sua prima esperienza nel settore della terapia fotodinamica sul finire del 2009; ha seguito molteplici corsi di perfezionamento e dal 2012 ha maturato e personalizzato un suo metodo che da allora lo porta ad essere uno dei massimi esperti col maggior numero di casi clinici odontoiatrici trattati e risolti con PDT, disponendo di follow-up a 10 anni.