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Secondo il nono e ultimo rapporto dell'INAIL divulgato il 21 ottobre u.s. e basato sui dati al 30 settembre 2020, i contagiati da Covid-19 sul lavoro in Italia sono stati 54.128, con una incidenza prevalente nel settore sanitario e dell'assistenza sociale, riconducibile dunque a ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici...

Uno studio ADA rivela come la percentuale di dentisti contagiati dal COVID-19 sia inferiore all'1%

Uno studio promosso dalla American Dental Association Science and Research Institute e dall' Health Policy Institute, effettuato lo scorso Giugno, fissa sotto l'1% la percentuale dei dentisti operanti sul territorio nazionale positiva al COVID. Lo studio, dal titolo "Proiezioni di contagio da COVID-19 tra i dentisti degli Stati Uniti e misure di prevenzione,"[1] pubblicato online dal Journal of the American Dental Association, è la prima sistematizzazione su larga scala riferita alla percentuale di dentisti contagiati che si reputano presenti all'interno degli Stati Uniti, oltre a una rassegna delle pratiche di contenimento dell'epidemia messe in atto.

Lo scorso Giugno, ricercatori provenienti da ADASRI e HPI avevano invitato i dentisti statunitensi, operanti tanto nel settore pubblico quanto nel privato, a partecipare ad un questionario online; questo poneva loro domande relative alla presenza di sintomatologia ascrivibile al COVID sofferta da loro stessi o da loro collaboratori, alle misure di contenimento della pandemia implementate all'interno dei loro studi e alle condizioni generali di salute psicofisica dei partecipanti al test. Dei 2.195 dentisti che hanno risposto al test, solo 20 hanno segnalato di essere stati diagnosticati come certamente o molto probabilmente contagiati dal COVID. Le risposte sono arrivate da dentisti operanti in tutti gli Stati e da Porto Rico. Quando i risultati ottenuti sono stati incrociati tenendo conto di età e provenienza dei partecipanti, solo lo 0,9% dei dentisti totali operanti negli Stati Uniti è stato considerato come possibile portatore di COVID, con un margine di errore dello 0,5%. "Questa è una notizia estremamente positiva per pazienti e dentisti allo stesso modo," confida il Dr. Marcelo Araujo, Ph.D. e CEO della ADASRI, responsabile di punta del settore scientifico ADA e autore primario del report. "Questo significa che quanto i dentisti stanno facendo, in fatto di aumento delle precauzioni contro la diffusione del virus e rinnovata attenzione per la salute di pazienti e team odontoiatrici, sta funzionando."

Lo studio ha riscontrato come l'82,2% dei dentisti che hanno partecipato al questionario risultasse asintomatico durante i 30 giorni che avevano preceduto lo studio; il 16,6%, inoltre, era stato testato per COVID-19. Il 3,7% e il 2,7% degli intervistati era risultato positivo al virus eseguendo, rispettivamente, test di campioni ematici o tamponi dell'apparato respiratorio, mentre nessuno era risultato positivo ai test eseguiti sulla saliva. Tra i dentisti che non si sono sottoposti a test di alcun genere, lo 0,3% ha ricevuto la diagnosi di un probabile contagio da COVID da parte di un medico terzo. "Comprendere con esattezza il rischio associato alla trasmissibilità del COVID-19 all'interno dell'ambito odontoiatrico è cruciale per assicurare la sicurezza del paziente e del team odontoiatrico," ha continuato il Dottor Araujo. "Questo studio è un ulteriore passo per capire quali delle misure adottate funzionano davvero. I dentisti stanno seguendo le linee guida di ADA e dei Centers for Disease Control and Prevention; questo sta contribuendo a mantenere tutti coloro che gravitano attorno alla pratica odontoiatrica il più al sicuro possibile."

Le raccomandazioni in itinere di ADA e del CDC spingono i dentisti a optare per il massimo livello di protezioni personali nell'esercizio della professione, comprese maschere, occhiali e visiere. Per minimizzare i rischi derivanti dalle procedure generanti aerosol, ADA consiglia di usare dighe di gomma e aspiratori ad alta portata in tutti i casi in cui questo sia possibile, e di utilizzare strumenti in modalità manuale quando si esegue una pulizia dentaria, evitando l'ultrasuono. Il 99,7% dei dentisti intervistati ha confermato questo trend, riportando come le procedure di sicurezza per prevenire il contagio siano state ovunque potenziate. Queste comprendono la disinfezione di tutti gli spazi e gli strumenti comunemente toccati nell'esercizio della professione, la misurazione della temperatura a pazienti e team odontoiatrico, lo screening dei pazienti per sintomi riferibili al COVID, la vigilanza sul mantenimento della distanza interpersonale e la distribuzione di maschere chirurgiche a pazienti e staff. Il 99,6% degli intervistati ha riportato di utilizzare i dispositivi di sicurezza personale nell'interazione con il paziente, mentre il 72,8% utilizza i DPI seguendo le indicazioni del CDC. Dobbiamo ricordare, inoltre, come al momento della raccolta di questi dati i dispositivi di sicurezza, e in special modo le maschere filtranti N-95, fossero dei beni per cui la richiesta era massima, e le possibilità di reperimento scarse.

Nelle due settimane che hanno preceduto il questionario, il 33,9% dei partecipanti dichiara di aver sofferto almeno di un lieve dissesto psicologico, mentre l'8,6% ha esibito i sintomi tipici della depressione e il 19,5% ha riportato episodi di crisi d'ansia. Circa un quarto degli intervistati soffre di almeno una condizione clinica prona a renderlo paziente a rischio di sviluppare forme di COVID particolarmente virulente. Gli autori dello studio stanno continuando nel processo di raccolta dati, e hanno aggiunto gli igienisti dentali al loro pool di soggetti d'indagine, in collaborazione con la American Dental Hygienists Association.

In Marzo, il New York Times aveva segnalato l'odontoiatria come una professione ad alto rischio di contagio da COVID-19 basandosi sui dati raccolti tramite O*NET, un database mantenuto dal Ministero del Lavoro. Era stato postulato che la pratica odontoiatrica potesse favorire la trasmissione del virus a causa dello stretto contatto tra medico e paziente e poiché molte delle procedure odontoiatriche generano aerosol, il quale potrebbe aiutare a diffondere il patogeno a partire da individui infetti. "Il fatto che l'odontoiatria sia stata dipinta come una delle professioni più a rischio di contaminazione, ma che allo stesso tempo si presenti come una delle professioni sanitarie con la percentuale di positivi più bassa, non è una coincidenza," spiega Marko Vujicic, vicepresidente dell'ADA Health Policy Institute. "La professione ha raccolto questa sfida con serietà e determinazione, e i risultati si vedono. Continueremo a tener traccia della diffusione del contagio tra i dentisti, così come a indagare altri aspetti della pandemia che sembrano colpire l'odontoiatria in special modo, affinché questi dati possano aiutare a informare e mettere in sicurezza la professione e l'industria."

[1]Estrich E, Mikkelsen M, Morrissey R, et alii. "Estimating COVID-19 prevalence and infection control practices among US dentists." the Journal of American Dental Association, Novembre 2020.


Respirazione orale e alterazioni del cavo orale del bambino 

La respirazione orale - ovvero la respirazione che avviene attraverso la bocca - può essere causa di malformazioni dentali e scheletriche nell'età dello sviluppo.
Condizione spesso sottovalutata, rappresenta una delle abitudini viziate, cioè delle "cattive abitudini" dell'infanzia, al pari del "vizio" di succhiare il pollice. È dimostrata essere 4 volte più comune nei bambini con problematiche ortodontiche. Le vie aeree, il modo di respirare, le alterazioni del cavo orale e le cattive abitudini nel bambino sono tutti aspetti connessi l'uno con l'altro durante la crescita. Possono influenzare sia la forma che le funzioni delle strutture cranio-facciali e respiratorie, con possibile insorgenza di alterazioni (un'alterazione dell'allineamento dei mascellari è più correttamente chiamata malocclusione).
I fattori di rischio della respirazione orale e come riconoscerli
L'ostruzione delle vie aeree - specialmente a livello di naso e faringe - costringe i bambini a respirare attraverso la bocca. Questo può portare a diverse alterazioni.
1) cambiamenti posturali:
incompetenza delle labbra;posizione bassa della lingua nel pavimento della bocca;rotazione della mandibola.
2) caratteristiche tipiche a livello del volto (gli specialisti parlano di facies adenoidea):
forma del viso allungato;occhiaie;raggruppamento venoso sotto gli occhi;narici strette;gummy smile, cioè «sorriso gengivale», ossia la tendenza a esporre una porzione eccessiva di gengiva.
3) alterazioni del cavo orale (possono essere genetiche o, appunto, il risultato del protrarsi della respirazione orale):
spostamenti dentali e malocclusione;ingrossamento delle tonsille;palato a forma di «V» (quindi molto stretto);overjet inverso, condizione legata a una malocclusione specifica, la terza classe scheletrica;crossbite, «morso incrociato», indica una condizione in cui l'arcata superiore è stretta in senso trasversale e la mandibola per trovare un incastro va incontro a una deviazione. Di conseguenza, anche i denti dell'arcata inferiore si troveranno più all'esterno rispetto a quelli dell'arcata superiore. Può essere da un solo lato o da entrambi;openbite, «morso aperto», incompetenza verticale delle arcate determinata da una malposizione dentale e/o scheletrica.
Un sonno disturbato dalla respirazione orale può portare a episodi frequenti di stanchezza diurna. Secondo alcuni sarebbe addirittura una delle cause del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
Se alla respirazione orale si sommano altre cattive abitudini, il quadro di malocclusione può peggiorare ulteriormente.
Diagnosi e trattamento preventivo della respirazione orale
La comunità scientifica riconosce le cattive abitudini e la respirazione orale come fattori di rischio di malocclusione, in quanto modificano l'equilibrio fisiologico della crescita. Tali fattori vanno intercettati e corretti mediante un trattamento ortodontico precoce. L'ortodonzia precoce, infatti, migliora i risultati dell'ortodonzia correttiva, specie se il bambino ha meno di 12 anni, età media in cui la crescita cranio-facciale è completa al 90%.
Il trattamento ortodontico, in questa fase della crescita, si basa solitamente su un approccio combinato. Il bambino va incontro prima a un trattamento con apparecchio mobile, ovvero un apparecchio che deve essere tolto ogni giorno. A questo segue l'uso di un normale apparecchio fisso, al fine di ruotare correttamente i denti. In molti casi può essere utile un'espansione rapida del palato (struttura ossea che costituisce anche il pavimento della cavità nasale) attraverso un apparecchio fisso che viene attivato quotidianamente dal genitore.
Il genitore ha un ruolo importante nel riconoscere, o almeno segnalare al curante, alcuni dei segni sopracitati, così da sottoporre il bambino a controlli da parte dell'odontoiatra e anche di altri specialisti che possono essere importanti nel trattamento di questa patologia (pediatra, otorinolaringoiatra, logopedista, allergologo).


Quando si può ricorrere agli allineatori trasparenti? 

Chiunque entrando in uno studio odontoiatrico avrà sentito parlare almeno una volta di allineatori trasparenti, quelle mascherine invisibili che sempre più spesso vengono scelte in alternativa ai classici apparecchi ortodontici. Il vantaggio a livello estetico è evidente, ma andranno bene per tutti i pazienti?
Informarsi per tutelarsi
Nel mondo di oggi, l'accesso all'informazione è semplice e immediato. Per questa ragione ogni tematica deve essere attentamente filtrata per non farsi abbagliare da concetti "di moda", ma non veritieri fino in fondo.
La comunità medica e odontoiatrica ha il dovere di fornire al paziente indicazioni evidence-based, ovvero basate sulle conoscenze scientifiche disponibili.
Anche trattamenti che promettono risultati immediati in modo apparentemente semplice richiedono grande preparazione specialistica ed elevata professionalità, e perché il rapporto medico-paziente funzioni questo bagaglio di esperienza deve essere trasmesso a chi ricerca tali cure.
Negli ultimi anni si è riscontrato un crescente interesse verso l'estetica del sorriso, e per questo si è sviluppata sempre più l'attenzione per "l'ortodonzia invisibile", vale a dire quella basta sull'utilizzo di allineatori trasparenti.
Cosa sono gli allineatori trasparenti
Gli allineatori sono mascherine in plastica termostampata trasparente realizzate sulla base dell'impronta del cavo orale di ciascun paziente.
L'impronta, eseguita nelle fasi iniziali del trattamento, può essere svolta con paste tradizionali o con uno scanner intraorale digitale.
Gli allineatori trasparenti, una volta indossati, inducono delle forze che permettono lo spostamento ortodontico.
L'uso di allineatori trasparenti nel paziente adulto e nel minore
Solitamente questo tipo di trattamento trova indicazione nel paziente adulto, che negli anni ha riscontrato la perdita di simmetria nel proprio sorriso e che desidera riallineare la dentatura senza passare per un antiestetico apparecchio fisso classico.
Gli allineatori trasparenti possono essere una valida alternativa anche nel paziente in crescita, in cui questo approccio può dare degli ottimi risultati. In questo caso però, prima di poter giungere all'utilizzo delle mascherine, talvolta può essere necessario passare per apparecchi mobili e/o fissi.
Affinché il trattamento con allineatore vada a buon fine, è fondamentale che il paziente si attenga alle raccomandazioni del dentista. La mascherina deve essere tenuta in bocca tutto il giorno e la notte e rimossa solo per mangiare e per lavare i denti. Non tenere gli allineatori nel cavo orale il numero di ore sufficiente può portare a rallentamenti e addirittura al fallimento del piano di cura.
Gli allineatori trasparenti vanno bene per ogni paziente?
Virtualmente, con gli allineatori si possono effettuare i principali spostamenti ortodontici: orizzontali, verticali e rotatori.
È possibile utilizzare gli allineatori per chiudere diastemi, ossia spazi aperti tra un dente e l'altro, (possibilità questa subordinata all'entità e alla posizione di tali spazi). Allo stesso modo, essi sono in grado di trattare i morsi profondi - cioè quei casi in cui gli incisivi superiori, in chiusura, vanno a coprire troppo i piccoli incisivi inferiori - finché questa condizione rimane di grado lieve o moderato.
Prima di intraprendere un trattamento con allineatori, l'odontoiatra dovrà comunque valutare che sussistano le condizioni adatte.
Possono rappresentare un ostacolo alla terapia ortodontica:
presenza di malattia pardontale attiva;presenza di restauri protesici complessi, come ad esempio ponti e impianti; mancata capacità del paziente di rispettare in modo costante e per lunghi periodi le indicazioni fornite dal dentista.
È infine importante ricordare che in medicina non esistono terapie universalmente applicabili, e pertanto bisogna affidarsi al giudizio del curante per intraprendere il percorso terapeutico più adatto.

La chirurgia orale in pillole: edentulia, all on 4® e carico immediato 

All on 4® e carico immediato sono due dei termini che più spesso sentiamo nominare quando si parla di chirurgia orale.
La mancanza di uno o più denti, detta edentulia, è la condizione in cui è possibile pensare di ricorrere a impianti dentali per ristabilire le funzioni del cavo orale.
Cause e conseguenze dell'edentulia
I processi di invecchiamento dell'organismo, unitamente a vere e proprie patologie - come la malattia parodontale -, ancora oggi possono portare alla perdita di tutti gli elementi dentari di un'arcata. Ciò comporta, naturalmente, problematiche gravissime per quanto riguarda la funzionalità della masticazione, che risulta impossibile, ma anche in termini di estetica. La perdita di sostegno ai tessuti molli delle labbra (ruolo normalmente svolto dai denti), infatti, contribuisce a conferire alla persona un aspetto "vecchieggiante".
Come riabilitare l'edentulia: protesi mobile
Una prima e relativamente economica soluzione è rappresentata dalla protesi totale rimovibile, la classica dentiera. Questa è in grado di ripristinare un compenso masticatorio sufficiente, ma necessita di un sostegno di ossa, mucose e gengive importante, deve essere ben mantenuta dal paziente e talvolta richiede di raggiunge un compromesso sul piano estetico. Inoltre, la perdita di un dente - e a maggior ragione di un'intera arcata - comporta un graduale processo di riassorbimento osseo, che porta alla riduzione del volume di tessuto osseo disponibile. Questa condizione può rendere complesso stabilizzare la protesi mobile.
Come riabilitare l'edentulia: protesi fissa
Per tutti questi motivi, sempre più spesso la scelta si sposta su una riabilitazione di tipo fisso. Per ricorrere a una protesi fissa è necessario che le condizioni di salute generale e del cavo orale siano adeguate, e che sia presente il supporto osseo necessario per inserire degli impianti dentali.
Gli impianti dentali sostituiscono la radice naturale del dente permettendo di supportare una corona non più naturale, bensì protesica.
La metodica all on 4®
Per fortuna non sempre è necessario sostituire ogni singolo dente con un impianto. Un'attenta disposizione di un numero ridotto di impianti dentali, infatti, permette di sostenere il carico masticatorio di più denti e, addirittura, di un'intera arcata.
Una delle tecniche che sfrutta questo principio è detta All on 4®. La tecnica All on 4®, introdotta a partire dalla fine degli anni '90 dal clinico portoghese Paulo Malo, si basa su procedimenti volti a ridurre i tempi chirurgici e protesici per riabilitare l'intera arcata.
Il termine inglese si traduce come "tutto su 4" e delinea perfettamente il concetto: un'intera arcata dentale protesica sostenuta da quattro impianti, disposti in un modo ben preciso, lungo l'arco osseo.
Diminuendo il numero di impianti, la tecnica sopperisce anche alla necessità di ogni singolo impianto di essere alloggiato all'interno di un volume osseo adeguato. Tale aspetto consente di superare anche la principale limitazione della protesi mobile convenzionale, precedentemente accennata.
Carico immediato in implantologia
L'altro aspetto a cui la tecnica All on 4® viene costantemente collegata è quello del carico immediato. Con carico immediato si intende la possibilità di fissare una protesi totale provvisoria sugli impianti lo stesso giorno dell'inserimento degli impianti stessi. Spesso anche l'estrazione degli elementi dentari residui non più mantenibili viene svolto nella stessa seduta.
Il carico immediato rappresenta un'opzione da tenere in considerazione anche quando si tratta di un singolo elemento o di pochi elementi, ma in questo caso molto spesso si sceglie di attendere alcuni mesi per permettere all'impianto una corretta osteointegrazione (ovvero l'intima unione tra osso naturale e impianto) e per poter gestire al meglio la guarigione dei tessuti molli intorno a esso.

Devitalizzare un dente: tempo, strumenti e passaggi chiave 

Uno stimolo irritativo prolungato, di solito legato alla presenza di una carie non trattata per un periodo abbastanza lungo, porta all'infiammazione della parte vitale del dente, la polpa. Questa è un tessuto molle, contenuto in uno spazio interno alla corona detto camera pulpare, che si continua lungo dei canali all'interno della radice o delle radici.
La polpa dentale contiene vasi e nervi. Per questo, quando si infiamma induce un dolore pulsante, spesso molto forte. La polpa si trova in uno spazio chiuso: l'afflusso di sangue (l'infiammazione, appunto) determina quindi un "effetto pentola a pressione". Progressivamente, si passa da un'infiammazione, una pulpite reversibile, una pulpite irreversibile e, infine, alla morte del tessuto pulpare (necrosi).
Come suggerisce il termine, la pulpite irreversibile è un quadro che non può più risolversi con farmaci, né tantomeno in modo spontaneo. Il dentista è quindi obbligato a rimuovere la polpa: essendo questa la parte vitale del dente, il trattamento viene detto devitalizzazione.
Devitalizzare un dente: la procedura
La pulpite, come detto, è una condizione molto dolorosa. Devitalizzare un dente però può essere necessario anche in assenza di dolore, per altre ragioni.
In qualsiasi intervento che coinvolga vasi e nervi all'interno della camera è necessario eseguire un'anestesia locale efficace, così da scongiurare il rischio di stimoli dolorifici altrimenti inevitabili.
Una volta eseguita l'anestesia, il trattamento prevede un altro passaggio obbligato: il posizionamento della diga di gomma. Questo foglio di gomma isola il dente da trattare rispetto alla bocca, che viene così protetta da strumenti rotanti e sostanze potenzialmente irritanti.
Attraverso manipoli rotanti (gli stessi usati per asportare il tessuto cariato), il dentista deve accedere alla camera pulpare. La polpa viene asportata attraverso strumenti manuali e rotanti che hanno una forma affusolata, adatta a sagomare i canali, e con l'utilizzo di appositi liquidi irriganti.
Una volta ripuliti da polpa e materiale infiammatorio, i canali vengono asciugati e sigillati, utilizzando coni di guttaperca (un materiale simile alla gomma) e cementi specifici.
A questo punto si potrà procedere alla ricostruzione della corona: a seconda della quantità di tessuto perso, potrà essere sufficiente una semplice otturazione o sarà necessario ricoprire il dente con una corona protesica. Si tenga presente che la devitalizzazione di un dente ne comporta un aumento della fragilità, e quindi molto spesso potrebbe richiedere una ricostruzione più impegnativa.
L'intera procedura (esclusa la ricostruzione) può essere breve, un'ora circa, o protrarsi più a lungo, anche per più appuntamenti. I denti non hanno tutti lo stesso numero di canali e vi possono essere complicanze, ad esempio sanguinamento. Il dentista viene sicuramente facilitato se trova collaborazione (e pazienza) in chi gli sta davanti.
Devitalizzare un dente: postoperatorio ed effetti collaterali
La devitalizzazione, detta anche trattamento canalare, è impegnativa ma normalmente indolore grazie all'anestesia. Una volta esaurita la sua efficacia, nelle ore e nei giorni successivi al trattamento, è possibile soffrire di alcuni disturbi e di una moderata dolenzia. Questa può essere facilmente trattata tramite l'uso di antidolorifici della classe degli antinfiammatori non steroidei (FANS). Diverso il caso in cui si presenti uno stimolo dolorifico più importante: in presenza di dolore eccessivo, sarà consigliabile avvertire il dentista, che potrà eventualmente decidere di valutare di persona lo stato del paziente.


Denti incisivi, canini, premolari e molari - caratteristiche e funzioni 

Un dente è formato dalla radice, ovvero la parte contenuta all'interno dall'osso e rivestita dalla gengiva, e dalla corona, la parte visibile che caratterizza il dente. Le radici e la corona presentano delle variazioni tra dente e dente, e questo permette di differenziarli in: incisivi; canini; premolari; molari. La forma di un dente è sempre indicativa della sua funzione. Complessivamente, la funzione dell'apparato dentale è di triturare e sminuzzare il cibo che, rimescolato dalla lingua, può così essere deglutito. I denti permanenti sono in totale 32, 16 in arcata superiore e altrettanti in arcata inferiore. Ciascuna arcata è speculare e, quindi, si divide in un'emiarcata destra e una sinistra. Normalmente, un'emiarcata presenta:2 incisivi;1 canino; 2 premolari; 3 molari (tra cui troviamo il dente del giudizio).

Incisivi: forma e caratteristiche

Gli incisivi si riconoscono per la forma "a palettone". I centrali guardano direttamente alla linea di simmetria e, a fianco a essi, gli incisivi laterali. Gli incisivi centrali superiori sono i denti con maggiore impatto estetico. "Fammi crescere i denti davanti" cantavano allo Zecchino d'Oro. Nel linguaggio tecnico si parla di "dominanza del centrale": maggiori le dimensioni, maggiore l'importanza nell'estetica del sorriso. Un po' come il volto, possono avere una forma più ovale, squadrata o triangolare. Il margine inferiore nel bambino presenta delle sporgenze arrotondate, dette mammelloni, che con il passare degli anni scompaiono, rendendo il margine più "affilato". Gli incisivi laterali superiori sono sempre più piccoli dei centrali. L'impatto estetico non deriva tanto dalla forma, quanto appunto dalle dimensioni, o meglio dalle dimensioni in rapporto a quelle del centrale. A livello dell'arcata inferiore, la differenza è meno pronunciata; in più, si assiste a un'inversione del rapporto, con l'incisivo laterale che è di poco più grande rispetto al centrale.

Incisivi: funzione

Gli incisivi, con quel margine che ricorda la lama di un coltello, sono perfetti per mordere e tagliare. Trattandosi di corone solide ma comunque sottili, è facile capire come non si prestino a sopportare i carichi pesanti della masticazione. Sono gli elementi che più spesso possono andare incontro a fratture da trauma dentale a causa della loro posizione.

Canini: forma e caratteristiche

I canini sono denti dalla forma molto riconoscibile, con una corona allungata che presenta una sola cuspide (così si definisce una struttura appuntita). Il nome fa riferimento al fatto che, in un certo senso, questi denti sono i più "conservati" rispetto a mammiferi meno evoluti, come appunto i cani o come anche i nostri progenitori. Anche i canini hanno un impatto importante sull'estetica: una cuspide più appuntita spicca maggiormente, mentre una forma più arrotondata e addolcita risulta più gradevole.

Canini: funzione

I canini sono i "denti del vampiro". La loro forma suggerisce la capacità di afferrare e lacerare il cibo, e ciò spiega perché - vampiri a parte - in natura siano tanto sviluppati nei predatori, come ad esempio nei grandi felini.

Premolari: forma e caratteristiche

Per posizione - tra canino e molare - e anche per forma, i premolari costituiscono denti di transizione. Visto di fronte, un premolare può essere scambiato per un canino. Osservato a tutto tondo, però, si nota la presenza di una seconda cuspide (in alcuni casi anche di una terza), che guarda verso l'interno della bocca. Le due strutture appuntite sono separate da un solco, che costituisce quindi una piccola superficie masticante.

Premolari: funzione

Anche dal punto di vista della funzione, i premolari vanno considerati elementi di transizione tra la zona deputata a mordere e quella dove avviene la vera e propria masticazione.

Molari: forma e caratteristiche

I molari sono i denti più grossi e robusti. Hanno una forma che potremmo definire cubica e presentano a loro volta delle cuspidi; alcuni testi, elegantemente, definiscono questa forma "a diamante". Un molare presenta due, a volte tre cuspidi rivolte all'esterno, e due che guardano all'interno della bocca. Tra una cuspide e l'altra sono presenti scanalature, dette fossette e solchi, che delimitano ampie superfici masticanti. Come detto, un individuo ha in totale 12 molari, 3 per emiarcata. Gli ultimi, i terzi molari, hanno forma particolarmente variabile, spuntano in età adulta e a volte mancano del tutto: si tratta dei famosi "denti del giudizio".

Molari: funzione

La forma compatta e solida della corona rende questi denti perfetti per sopportare carichi pesanti e prolungati, facendone i veri e propri organi della masticazione, capaci di triturare e sminuzzare cibi di diversa consistenza. Se si pensa a una masticazione non a scopo di alimentazione (ad esempio i chewing gum), questa viene portata avanti per minuti e minuti, esclusivamente in fondo alla bocca, nella zona dei molari.

Divulgatori scientifici: i professionisti della salute diventano influencer 

Negli ultimi anni il mondo dei social network ha scoperto una nuova categoria di "influencer": quella dei divulgatori scientifici. Si tratta di professionisti che, per gioco o per passione, hanno deciso di condividere le proprie conoscenze con chi li segue sui social, e di usarle per sfatare i falsi miti che circolano in rete opponendovi della sana informazione.
Abbandonata la cattedra, ci si ritrova davanti a persone brillanti, divertenti ma pur sempre competenti, capaci di creare contenuti accattivanti che piacciono agli utenti. Professionisti alla mano, umani, disponibili a confrontarsi con i propri follower e a rispondere alle loro domande. E così facendo non solo conquistano la fiducia del pubblico (secondo i dati raccolti dall'Edelman Trust Barometer le persone che usano i social si fidano di più delle informazioni diffuse da "professionisti del mestiere", 60%, e tendono quindi a seguirli più facilmente), ma soprattutto riescono a raggiungere un engagement che i grandi influencer spesso non ottengono.
È il paradosso dei divulgatori scientifici: hanno la capacità di creare intorno ai propri profili delle comunità relativamente piccole (rispetto ai numeri che possono raggiungere le star del web), ma con una partecipazione e una fidelizzazione elevatissime in chi li segue.
Un caso esemplare di divulgatore scientifico e influencer: The Singing Dentist
Uno dei casi più famosi nell'ambito dell'odontoiatria è quello del dottor Milad Shadrooh, noto ai più come "Singing Dentist", un dentista inglese che ha iniziato a caricare per gioco su YouTube parodie di canzoni famose a tema odontoiatrico. I suoi testi raccontano con ironia la vita da dentista, le difficoltà a comunicare con i pazienti e a far capire loro l'importanza di curare seriamente la propria igiene orale.
Il successo è stato virale: quasi 580 mila follower su Facebook. Shadrooh ha saputo sfruttare questa improvvisa visibilità diventando sempre più presente nei programmi televisivi e sui suoi canali social, dove organizza delle dirette durante le quali i suoi follower possono fargli delle domande sull'odontoiatria e la salute orale.
A oggi rimane ancora uno dei divulgatori scientifici più amati della rete.
Divulgatori scientifici in Italia: i nostri influencer
Anche senza raggiungere i numeri di Singing Dentist, si può sempre raccogliere intorno a sé una ricca e attiva community.
Un esempio è dato dalle pagine Instagram di ortodonzisti e pedodonzisti che ogni giorno raccontano ai propri follower il mondo dell'odontoiatria attraverso stories e post che spiegano alcuni dei concetti principali legati alla professione.
Da seguire anche le pagine di alcune igieniste dentali che condividono consigli sulla salute della bocca, pubblicano stories in cui raccontano del proprio lavoro e fanno dirette per potersi relazionare in maniera più diretta con i propri follower.
5 consigli per riconoscere i divulgatori scientifici sui social
Come ogni forma di comunicazione, anche quella sui social segue delle regole ben precise, che in caso di divulgatori medico-scientifici diventano ancora più complesse.
Ci mettono la faccia: comunicano in modo personale e con uno stile che li contraddistingue.Citano le fonti: in modo che sia possibile per tutti approfondire argomenti importanti per la salute.Utilizzano delle metafore: quando un concetto può essere troppo complicato da spiegare in poche parole, un buon comunicatore per semplificare trova delle metafore che si ispirino alla vita quotidiana.Segnalano regali e sponsorizzazioni: se un'azienda ha regalato loro un prodotto, lo segnala in modo chiaro. Fanno community... con i colleghi: è il caso di dire che l'unione fa la forza. Riuscire a creare una community di professionisti pronti a divulgare informazione permetterà di dar vita a progetti e collaborazioni interessanti tra professionisti della salute e pazienti.

Comunicazione odontoiatra-paziente: le basi per l'alleanza terapeutica 

La comunicazione odontoiatra-paziente è la premessa essenziale per poter raggiungere risultati soddisfacenti al termine del percorso di cure.
Il motivo per cui spesso si instaura un legame duraturo tra dentista e paziente dipende dal fatto che il rapporto tra queste due figure è piuttosto assiduo. Per tutti è raccomandata una seduta di igiene orale professionale almeno 1 volta all'anno, e in pazienti con problemi parodontali o altre condizioni patologiche questa frequenza può aumentare.
Un rapporto nel quale c'è una sana comunicazione pone le basi per la cosiddetta "alleanza terapeutica".
Ciò significa che odontoiatra e paziente viaggiano uniti negli intenti e nelle aspettative verso obiettivi condivisi.
Comunicazione odontoiatra-paziente: capacità di ascolto e chiarezza esplicativa
Per dar vita a una relazione proficua si deve fare un'analisi dei propri comportamenti e di quelli del proprio interlocutore.
Entrambe le parti devono fare del proprio meglio perché il rapporto funzioni. Un modo semplice per capire se si è sulla giusta strada è porsi alcune semplici domande:
La fase di dialogo ricopre un tempo sufficiente della visita (in particolare della prima visita)?Prima di iniziare la terapia viene spiegato con attenzione cosa sta per avvenire? C'è una distribuzione degli spazi nello studio idonea a garantire una comunicazione serena?Viene prestata attenzione alle emozioni che si manifestano durante il trattamento odontoiatrico?
Se la risposta a tutte queste domande è positiva vuol dire che la comunicazione odontoiatra-paziente si basa su relazionali solide: entrambi dedicano tempo all'ascolto delle esigenze reciproche e rispondono di conseguenza, a parole e nei fatti.
Comunicazione odontoiatra-paziente: qualche documento importante
La forza del rapporto instaurato passa anche dalla redazione di alcuni documenti, il più importante dei quali è la cartella clinica.
Il primo atto che viene compiuto quando si compila la cartella è l'anamnesi. In questa fase il curante indaga nel dettaglio le condizioni generali e del cavo orale del paziente, al quale però spetta il dovere di non tralasciare nulla di importante. Bisogna sempre riferire al proprio dentista:
farmaci assunti;malattie in corso e pregresse; storia famigliare di patologie; abitudini che possano incidere sulla salute orale.
Instaurare un rapporto, in questa relazione come accade nella vita, significa essere aperti e sinceri nell'esprimersi.
Una volta raccolti questi dati si potrà cominciare a parlare realmente della bocca e di tutto ciò che ci si aspetta di poter fare per essa attraverso un ciclo di cure.
Anche le radiografie e le fotografie sono documenti importanti nella comunicazione odontoiatra-paziente. Le prime danno informazioni relative allo stato dei tessuti duri, ossa ed elementi dentari, mentre le seconde immortalano lo stato dei tessuti molli, di lingua, guance e mucose.
Queste immagini serviranno per comprendere meglio lo stato del cavo orale e ragionare sul piano di cure da mettere in atto per affrontare eventuali patologie.
Talvolta può essere utile realizzate nuove radiografie e nuove fotografie proprio per poter confrontare la situazione iniziale con quella finale.
Altro documento che serve a rendere chiara e trasparente la comunicazione odontoiatra-paziente è il preventivo. È importante che vengano prospettate - ove presenti più possibilità terapeutiche - tutte le alternative, così da poter scegliere insieme il percorso migliore e più adatto alle esigenze del paziente.

Utilizzo dei laser in endodonzia

La capacità di ottenere un'efficace detersione e decontaminazione dello spazio endodontico e di rimuovere significativamente smear-layer, batteri e loro prodotti dal sistema canalare rappresenta lo scopo della terapia endodontica. Moritz afferma che vi sono tre fattori principali che ostacolano il raggiungimento di un ambiente sterile in endodonzia: la configurazione dell'anatomia radicolare, la particolare flora batterica dell'endodonto, la difficoltà degli irriganti canalari a penetrare efficacemente in profondità nei tubuli dentinali. La complessità anatomica dell'endodonto è ben conosciuta: dai canali principali si dipartono numerosi canali laterali, di varie dimensioni e molteplici ramificazioni apicali. Un recente studio ha evidenziato la presenza di queste strutture anatomiche nel 75% dei denti analizzati e la presenza di residui pulpari infetti al termine della preparazione chemio-meccanica, sia nei canali laterali che nelle ramificazioni apicali di denti vitali e necrotici, con associata flogosi periradicolare.
L'esistenza dei tubuli dentinali, inoltre, rappresenta una riserva per la sopravvivenza dei microrganismi che possono proliferare senza venire a contatto con il sistema immunitario. La presenza di batteri nell'endodonto è limitata a un numero ristretto di specie che, tuttavia, mostrano una elevata patogenicità: possono infatti produrre o indurre la produzione di sostanze tossiche (leucotossine, endotossine, enzimi proteolitici\fibrinolitici). È stato inoltre dimostrato che, a causa di un'elevata tensione superficiale, gli irriganti endocanalari possono penetrare per 100-300 μm nei tubuli dentinali mentre i batteri possono colonizzare fino a 1100 μm partendo dal lume canalare verso l'interno dei tubuli7. Un lavaggio con EDTA o acido citrico è tuttavia in grado di rimuovere lo smear layer e di permettere all'ipoclorito di penetrare meglio nei tubuli dentinali.
La tecnologia laser è stata introdotta nei primi anni Sessanta, e in endodonzia la possibilità di decontaminare i canali radicolari grazie a energie molto concentrate si è iniziata a investigare dal 1970. Solo l'introduzione di fibre ottiche sottili e flessibili ha reso però possibile un'efficace penetrazione della luce nel terzo apicale. Differenti sono le lunghezze d'onda che si sono dimostrate efficaci nel ridurre notevolmente la carica batterica nei canali infetti e importanti studi hanno avvalorato "in vitro" questi risultati11. I laser a diodi (da 810 nm a 980 nm) e il Nd : YAG (1064 nm) che appartengono alla regione del "near-infrared" dello spettro elettromagnetico della luce, hanno un'interazione prevalentemente per diffusione nei tessuti molli, più in profondità opera il laser Nd : YAG (fino a 4-5 mm), più superficialmente quelli a diodi (fino a 3 mm). La loro luce viene elettivamente assorbita da emoglobina, ossiemoglobina e melanina. In endodonzia rappresentano a oggi il migliore sistema di decontaminazione, grazie alla loro capacità di penetrare in profondità dentro i tubuli dentinali (fino a 750 micron i laser a diodi, fino a 1 mm il Nd:YAG11 e per l'affinità di queste lunghezze d'onda con i batteri, che vengono distrutti per effetto fototermico.
Schoop et al. (2004) hanno dimostrato su modello sperimentale come i laser diffondano la propria energia in profondità nella parete dentinale, dimostrandosi fisicamente più efficaci dei tradizionali sistemi irriganti chimici nel decontaminare le pareti dentinali in profondità11. Il laser Nd : YAG (1064 nm) ha mostrato riduzione batterica dell'85% a 1 mm, mentre il laser a diodi 810 nm del 63% a 750 micron e inferiore per il diodo 980 nm. Questa spiccata e differente penetrazione è dovuta alla scarsa e diversa affinità di queste lunghezze d'onda per i tessuti duri e per la tipica capacità di diffusione non uniforme che permette alla luce di raggiungere e distruggere per effetto termico i batteri anche in profondità (figure 2 e 3). Molti altri studi microbiologici hanno confermato la forte azione battericida dei laser a diodi e Nd : YAG, con decontaminazione fino al 100% della carica batterica nel canale principale13-16. Uno studio in vitro di Benedicenti et al. ha riportato come l'utilizzo di un laser a diodi 810 nm associato all'uso di irriganti chimici chelanti come acido citrico ed EDTA porti a una riduzione pressoché assoluta della carica batterica (99.9%) di Enterococcus faecalis dal sistema endodontico17. I laser a Erbium (2780 nm e 2940 nm) appartengono alla regione del "medium infrared", la loro luce è prevalentemente assorbita superficialmente nel tessuto molle, tra 100 e 300 micron e fino a 300-400 micron nelle pareti dentinali11,18; il cromoforo bersaglio è l'acqua, per questo il loro utilizzo in odontoiatria è esteso dai tessuti molli a quelli duri, per il contenuto in acqua di mucosa, gengiva, dentina e tessuto cariato che vengono vaporizzati per effetto termico.
Quando utilizzati in soluzione acquosa, l'esplosione delle molecole dell'acqua genera anche un certo grado di effetto fotomeccanico che partecipa al processo ablativo e di detersione19-21. Laser a Erbium con impulsi di durata molto corta (inferiore a 150 microsecondi) permettono con l'utilizzo di energie molto basse (meno di 50 mJ) il raggiungimento di potenze di picco assai elevate. L'utilizzo di energia minimamente ablativa riduce gli indesiderati effetti termici a vantaggio di fenomeni di esplosione delle molecole d'acqua (cromoforo bersaglio), con successiva produzione di effetti fotomeccanici e fotoacustici (shock wave) delle soluzioni irriganti introdotte nel lume canalare, sulle pareti dentinali. .
La decontaminazione tridimensionale del sistema endodontico eseguita con i laser Erbium non è ancora comparabile a quella dei laser near infrared. L'energia termica sviluppata da questi laser è infatti assorbita prevalentemente in superficie (elevata affinità per i tessuti dentinali ricchi di acqua), dove esercitano il più elevato potere battericida su E. coli, Gram- e E. faecalis gram+; a 1,5 W Moritz et al. (1999) hanno ottenuto una eradicazione quasi totale, del 99,64%, di questi batteri26; questi sistemi non sono però in grado di esercitare effetto battericida in profondità nei canali laterali, raggiungendo i 300 microns di profondità, nello spessore della parete radicolare11 (figura 4). Ulteriori studi (2007) hanno investigato l'efficacia dell'Er,Cr:YSGG laser nella decontaminazione di canali tradizionalmente preparati; utilizzando bassa potenza (0,5 W 10 Hz 50 mJ con 20% air/water spray) non si è ottenuta l'eradicazione completa dei batteri27, mentre risultati migliori per l'Er:YAG si sono ottenuti con una riduzione del 77% a 1 W e del 96% a 1,5 W.
Un nuovo filone di ricerca (2006) ha investigato l'efficacia del laser Erbium nella rimozione del biofilm batterico a livello apicale28 e un recente studio in vitro (2008) ha ulteriormente validato la capacità del laser Er:YAG di rimuovere un biofilm endodontico formato da numerose specie batteriche (Actinomyces naeslundii, Enterococcus faecalis, Lactobacillus casei, Propionibacterium acnes, Fusobacterium nucleatum, Porphyromonas gingivalis, Prevotella nigrescens), con considerevole diminuizione delle cellule batteriche e disgregazione del biofilm, a eccezione di quello formato da L. casei29. Studi in corso stanno valutando l'efficacia di una nuova tecnica laser che utilizza una punta a emissione radiale a bassa energia, con produzione di elevato effetto fotomeccanico e fotoacustico per la rimozione oltre che dello smear layer25 anche del biofilm batterico. I risultati sono molto promettenti (figure 5-9). I laser Erbium hanno utilizzato sinora punte "end firing", cioè con emissione frontale alla parte terminale della punta, e hanno dimostrato una scarsa penetrazione laterale nella parete dentinale. Nuove punte a emissione radiale sono state proposte nel 2007 per il laser Er,Cr:YSGG. Gordon et al.30 e Schoop et al.31,32 hanno studiato gli effetti morfologici e decontaminanti di questo nuovo sistema. I primi hanno utilizzato una punta da 200 microns a emissione radiale, a 20 Hz con spray aria/acqua (34% e 28%) e a secco, a 10 mJ e 20 mJ, 20 Hz (0,2 W e 0,4 W rispettivamente); i tempi di irradiazione erano variabili da 15 secondi sino a 2 minuti.
Il massimo potere battericida si è ottenuto alla massima potenza (0,4 W), con il tempo di esposizione più lungo e nella modalità senz'acqua, con una eradicazione del 99,71% di effetto battericida; il minimo tempo di irradiazione di 15 secondi alla potenza più bassa (0,2 W) con acqua ha ottenuto il 94,7%30. I secondi hanno utilizzato una punta da 300 microns di diametro a due differenti parametri di emissione, 1 W e 1,5 W, 20 Hz, irradiando 5 volte per 5 secondi con un tempo di raffreddamento di 20 secondi ogni passaggio. Il livello di decontaminazione ottenuto è stato significativamente elevato senza importanti differenze tra 1 W e 1,5 W, con rialzo termico contenuto tra 2,7 °C e 3,2 °C31. Lo stesso gruppo di Vienna ha studiato anche i parametri 0,6 W e 0,9 W che producevano un rialzo termico molto contenuto rispettivamente di 1,3 °C e 1,6 °C, mantenendo un elevato effetto battericida su E. coli e E. faecalis32. L'effetto termico dei laser, utilizzato per l'effetto battericida, deve essere controllato per evitare danni sulle pareti dentinali: l'irradiazione a parametri corretti produce, infatti, oltre alla vaporizzazione dello smear layer (solo i medium infrared laser) e della struttura organica dentinale (fibre collagene) anche aspetti di fusione superficiale più o meno marcati a seconda della lunghezza d'onda (near e medium infrared laser). I soli laser Erbium producono anche fenomeni ablativi superficiali della dentina, più prevalenti nelle aree intertubulari più ricche in acqua che in quelle peritubulari più mineralizzate. I danni termici, quando si utilizzano parametri o modalità di utilizzo scorretti, si manifestano con estese aree di fusione (melting), di ricristallizzazione della matrice minerale (bubble), con microfratture superficiali con segni di carbonizzazione radicolare interna ed esterna.


Decontaminazione con near infrared laser


La decontaminazione canalare laser-assistita eseguita con laser near infrared richiede che i canali vengano preparati in maniera tradizionale (preparazione apicale con strumenti ISO 25/30) non avendo questa lunghezza d'onda nessuna affinità e quindi capacità ablativa sui tessuti duri. L'irradiazione viene eseguita come passaggio finale per decontaminare il sistema endodontico prima dell'otturazione. La fibra ottica di 200 micron precedentemente attivata su una superficie scura (figura 10) è inserita a 1 mm dalla lunghezza di lavoro e azionata con movimento elicoidale in direzione apico-coronale per 5-10 secondi, avendo cura di non indugiare all'apice per più di 1 secondo.
I parametri di utilizzo del laser a diodi 810 nm sono: 2,5 W di potenza in modalità pulsate con 10 ms di azione e 10 ms di pausa. Per il diodo 980 nm le potenze vanno ridotte a 1,5 W sempre in modalità pulsata. Per il laser Nd:Yag i parametri sono 1,5 W di potenza e 15 Hz di frequenza. Dopo aver eseguito per tre volte la decontaminazione con il canale "in bagno" di ipoclorito, si irriga con acido citrico al 10% o EDTA al 17% e si esegue nuovamente la decontaminazione laser. Al lavaggio di ipoclorito ne segue un'ulteriore di ipoclorito e un successivo passaggio per tre volte con laser alle potenze e secondo i tempi precedentemente descritti.


Decontaminazione con medium infrared laser


Considerata la scarsa efficacia nella preparazione e sagomatura canalare, anche l'utilizzo dei laser Erbium per la decontaminazione in endodonzia prevede una preparazione canalare eseguita con tecnica tradizionale, con canali preparati all'apice con strumenti ISO 25-30; il passaggio finale con il laser è reso possibile grazie all'utilizzo di punte lunghe e sottili (200 e 320 micron), disponibili per alcune apparecchiature Erbium, in grado di raggiungere facilmente la lunghezza di lavoro (1 mm dall'apice). Anche in questo caso la tecnica tradizionale prevede un movimento elicoidale di retrazione della punta (in 5-10 secondi), da ripetersi 3-4 volte a seconda dei protocolli, alternando l'irradiazione all'irrigazione con i comuni prodotti chimici, eseguendo la procedura in un canale bagnato (ipoclorito di sodio e/o EDTA); lo spray integrato va mantenuto chiuso.
I parametri a oggi accettati e utilizzati per i laser Er:YAG sono: potenza 1,125 W, energia 75 mJ e frequenza 15 Hz, mentre per i laser Er,Cr:YSGG sono: potenza 1,5 W, energia 75 mJ, frequenza 20 Hz. Recentemente è stata introdotta per i laser Er:YAG una nuova metodica. La tecnica Photon Initiated Photoacustic Streaming (PIPS) prevede l'utilizzo del laser Erbium (Fidelis III AT/HT - Ligthwalker ST-E/AT Fotona, Lubiana, Slovenia) e della sua interazione con le soluzioni irriganti (17% EDTA o 5,5% NaOCl)25. La tecnica si propone con un meccanismo diverso rispetto ai precedenti; essa sfrutta esclusivamente i fenomeni fotoacustici e fotomeccanici che risultano dall'utilizzo di energia minimamente ablativa di 20 mJ a 15 Hz, con impulsi di soli 50 microsecondi.
A fronte di una potenza media di soli 0,3 W, ogni impulso interagisce con le molecole d'acqua con una potenza di picco di 400 W, in grado di creare esplosione e successivo "shock waves" con formazione di un forte flusso di fluidi all'interno del canale, senza generare gli indesiderati effetti termici; questi, misurati con termocoppie sulla superficie radicolare, sono risultati essere 1,2 °C e 1,5 °C rispettivamente a 20 e a 40 secondi. Questa sistematica, per la minima energia applicata e la ridotta potenza sviluppata, può essere considerata più una tecnica di irrigazione canalare che una procedura di irradiazione laser. Gli effetti fisici (fototermici) indesiderati vengono ridotti o annullati, mentre sono implementati gli effetti chimici (decontaminante e/o detergente) propri dei vari irriganti utilizzati che vengono spinti nel sistema endodontico tridimensionalmente, con maggiore efficacia. Altro considerevole vantaggio deriva dall'inserimento della tip in camera pulpare all'imbocco canalare, senza avere problemi nell'inserimento delle punte a 5 mm o a 1 mm dall'apice come previsto per le altre tecniche. Vengono utilizzate punte di nuovo disegno di 12 millimetri di lunghezza, di 300-400 micron di diametro, con terminale "radial firing"; i 4 millimetri finali sono liberati dalla pellicola di rivestimento in modo tale da permettere una maggiore emissione laterale di energia, rispetto a quella frontale; questa modalità di emissione porta a un migliore utilizzo dell'energia laser che a soglia minimamente ablativa eroga una potenza di picco molto elevata per ogni singolo pulse (400 W), producendo così "shock wave" sugli irriganti, con un effetto fotoacustico e fotomeccanico importante sulla parete dentinale25. La tecnica PIPS utilizza i seguenti parametri: energia 20 mJ, 15 pps, con impulso di 50 microsecondi e la specifica punta da 400 micron (lunga 14 mm) a emissione laterale, privata della guaina esterna negli ultimi 4 mm (tapered and stripped tip).Il protocollo operativo prevede un'irrigazione/irradiazione con ipoclorito di sodio al 5,5% con tecnica PIPS, per 20 secondi, dopo ogni strumentazione canalare e passaggio finale con irrigazione/irradiazione con EDTA al 17% per 20 secondi prima dell'otturazione 

 I laser in traumatologia dentale

La Traumatologia è una branca dell'Odontostomatologia che si occupa della prevenzione e del trattamento dei traumi dentali e deve il suo sviluppo alle scuole scandinave e in particolare a quella di Copenaghen, diretta dal professor Jens Andreasen.
In Italia questa disciplina si diffonde a partire dagli anni 60-70 con la nascita concomitante della Società Italiana di Odontoiatria Infantile e il costituirsi successivo della Società Italiana di Traumatologia Dentale.
In ambito internazionale dal 1989 l'International Association of Dental Traumatology si occupa di promuovere protocolli operativi, terapeutici e di ricerca basati sullo stato dell'arte.

La traumatologia dentale rappresenta, per la sua frequenza e peculiarità, un settore odontoiatrico molto più complesso di quanto si possa credere poiché, essendo una branca multidisciplinare per eccellenza, richiede numerose e specifiche competenze che spaziano dalla conservativa all'endodonzia, dalla parodontologia alla chirurgia, dall'ortodonzia alla protesi; in queste patologie, l'urgenza pone sovente dilemmi e decisioni operative che vanno prese in poco tempo ma i cui effetti possono essere valutati solo a distanza di tempo.
Il trauma dentario in pedodonzia rappresenta una patologia frequente e può corrispondere a una vera emergenza.

Benché la gestione di un traumatismo dentario in età infantile possa essere complicata da vari fattori (età e stato emotivo del paziente, non cooperazione, gravità dell'evento, ritardata tempestività di intervento ecc.), l'operatore deve mirare a formulare una diagnosi corretta, garantire la massima urgenza, applicare un protocollo terapeutico efficace nel controllo del dolore, avere una buona informazione del decorso clinico e delle possibili sequele e/o complicanze, al fine di ridurle e garantire una evoluzione armonica delle arcate.
L'angoscia dei bambini e dei loro genitori per la sindrome dolorosa, l'ansia del paziente più adulto per le problematiche legate al futuro della propria estetica e della ridotta funzionalità rendono la terapia impegnativa.

La tecnologia laser ben si applica alle problematiche traumatologiche, dalle semplici fratture coronali ai reimpianti, dalle fratture radicolari ai diversi tipi di lussazione, poiché sostituisce o completa le normali procedure odontoiatriche semplificandole, favorisce la riduzione della sensibilità postoperatoria, ha minima invasività, alta selettività e un positivo impatto psicologico; contribuisce, inoltre, a risolvere le problematiche estetiche post-trauma durante la procedura di sbiancamento.

La terapia laser-assistita si è dimostrata particolarmente indicata anche nei soggetti disabili, non solo in ambito conservativo, ma anche negli interventi di piccola chirurgia ambulatoriale che spesso si associano alle problematiche traumatologiche.

Classificazione

Nel 1978 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha creato una classificazione, sottoposta a revisione e ampliamento nel 1992 e pubblicata su «Application of the International Classification of Diseases to Dentistry and Stomatology», che utilizza quali parametri la sede topografica e il tipo di tessuto in cui si localizza la lesione (tessuti mineralizzati del dente, tessuto pulpare, fibre del legamento alveolo-dentale, osso alveolare). I principali vantaggi di questa classificazione, nella quale vengono distinti traumi ai tessuti duri e traumi ai tessuti di sostegno, sono la completezza, la facilità di utilizzo e l'applicabilità sia ai denti decidui che ai permanenti.

Eziologia e fattori di rischio

Durante l'ultimo trentennio il numero dei fattori eziologici di un evento lesivo traumatico è stato riportato dalla letteratura come un dato in incremento, includendo un ampio spettro di variabili predisponenti, dalla condizione orale del paziente, all'ambiente circostante (esterno al paziente stesso), al comportamento umano.
Inoltre si possono distinguere i traumi dentali in non-intenzionali e intenzionali.
Le cause più frequenti sono rappresentate dal gioco (56%), dalla attività sportiva (21%), da incidenti stradali (11%) e da atti di violenza (12%), che comunque rimangono sottostimati4,5.

I soggetti più colpiti sono di sesso maschile (rapporto 2 a 1) e il tipo di lesione varia con il variare dell'età del soggetto.
I denti più colpiti sono gli incisivi centrali superiori (50%), i laterali superiori (30%) sia decidui che permanenti.
Raramente il trauma interessa un solo dente, ma più elementi dentali vengono coinvolti a volte in modo subdolo (trauma silente) per cui richiedono controlli radiografici attenti e controlli della vitalità pulpare nel tempo.
Tra i fattori predisponenti prioritari e fra i primi descritti dalla letteratura e ascritti come evidenza si trova l'aumento della protrusione dentale (overjet) associata a incompetenza labiale; questa situazione in dentizione decidua raddoppia il rischio di trauma.

Molti lavori in letteratura riportano tra i maggiori fattori di rischio un incremento di overjet (>3-3,5 mm), ma pochissimi studi mettono in relazione fattori orali predisponenti (per esempio overjet e incompetenza labiale), con fattori ambientali (per esempio design architettonico, sicurezza dei materiali) e con fattori comportamentali (per esempio bambino iperattivo, sprezzante dei pericoli, esuberante ecc.).
Fra le cause più frequenti di lesioni non intenzionali si trovano: cadute accidentali, collisioni, traumi diretti da oggetto; queste sono per lo più da riferire al contesto ambientale.

Prevenzione

In letteratura vi è un dibattito aperto sulla possibilità di prevenire un trauma dentale.
La prevenzione dei traumi dovrebbe essere diffusa capillarmente in ambiente scolastico, sportivo e in ambito familiare, dove la competenza dei pediatri e dei dentisti di famiglia (specie dei pedodontisti) e l'attenzione dei genitori al problema potranno essere di grande ausilio.

Poiché l'eziologia è multifattoriale, la prevenzione va orientata verso una corretta campagna d'informazione (genitori, scuola, insegnanti, centri sportivi, allenatori) e la correzione precoce delle abitudini viziate orali e della protrusione dentale.

Possiamo quindi ridurre il rischio attraverso lo studio e la creazione di attrezzature per un connubio tra praticità e standard di sicurezza; sensibilizzare gli operatori e i pazienti promuovendo l'uso di protettori orali; e infine regolamentare con grande disciplina ogni evento sportivo, in funzione dell'abilità, dell'allenamento del singolo atleta.

Esami clinici e strumentali

Durante la 1ª visita l'operatore, prima di procedere con l'esame clinico, deve raccogliere i dati del paziente e l'anamnesi, indicando chi riferisce.
La cartella clinica specifica per la traumatologia sarà completata da una modulistica di stretta pertinenza medico-legale. Vengono raccolte le informazioni sulle modalità del trauma e sulle condizioni orali al momento del trauma, su precedenti traumi dentali (se possibile raccogliere la documentazione preesistente) e sulle condizioni di salute generale. Segue l'esame clinico.

Si procederà per ordine a:

  • esame delle ferite extraorali e palpazione dello scheletro facciale;
  • esame delle ferite della mucosa orale e gengivale;
  • esame dei singoli elementi dentari (presenza ed estensione delle fratture coronali, esposizione pulpare, discromia);
  • esame delle dislocazioni dentarie;
  • analisi cinematica (disturbi dell'occlusione);
  • mobilità dentaria;
  • palpazione alveolare;
  • reazione alla percussione;
  • reazione dei denti ai test di sensibilità.

Prima di procedere a qualunque tipo di indagine diagnostica e manovra terapeutica, è necessario informare il paziente e/o (se minore) i genitori e/o l'accompagnatore; conseguentemente avere firmata la modulistica relativa al consenso informato. Vengono poi eseguiti gli esami radiografici e strumentali.

Interazione laser-tessuto

I laser dentali, utilizzando diversi mezzi attivi, emettono raggi di energia luminosa di differente lunghezza d'onda, la maggior parte dei quali appartiene alla porzione infrarossa invisibile e una parte alla porzione visibile dello spettro elettromagnetico.
Le diverse lunghezze d'onda comportano interazioni differenti con i tessuti bersaglio, a seconda dell'affinità ottica, del coefficiente di assorbimento, del grado di idratazione e di vascolarizzazione dei differenti tessuti bersaglio (gengiva, mucosa, tessuto pulpare, smalto, dentina, tessuto cariato, osso).
L'interazione della luce laser con i tessuti è responsabile degli effetti terapeutici: questi sono determinati dalla lunghezza d'onda della radiazione laser, dalle proprietà ottiche del tessuto (affinità, coefficiente di assorbimento e penetrazione, grado di idratazione, vascolarizzazione), e dall'operatore.

I laser con lunghezza d'onda appartenente alla zona del visibile e alla prima porzione degli infrarossi dello spettro elettromagnetico vengono bene assorbiti dai pigmenti presenti nella emoglobina e nella melanina: sono i laser argon, KTP, diodo, Nd:YAG e Nd:YAP.

I laser appartenenti alla porzione medio e lontano infrarosso dello spettro elettromagnetico hanno invece spiccata affinità per acqua e idrossiapatite: laser Er,Cr:YSGG, Er:YAG e CO2.
I primi vengono utilizzati prevalentemente sui tessuti molli (incisione, vaporizzazione e coagulazione), mentre i secondi vengono utilizzati sia sui tessuti duri (ablazione) che sui tessuti molli (incisione e vaporizzazione del contenuto in acqua), ma con minore effetto emostatico, per la mancanza di affinità con l'emoglobina.

Le modalità di interazione di una lunghezza d'onda con un tessuto bersaglio sono determinate dalle proprietà ottiche del tessuto stesso.
A seconda dell'affinità ottica e del coefficiente di assorbimento e penetrazione specifico per ogni lunghezza d'onda, una radiazione luminosa diffonderà o verrà assorbita prevalentemente nel tessuto, una certa quota verrà riflessa e la restante quota verrà infine trasmessa più in profondità.
L'operatore può a sua volta determinare effetti diversi utilizzando differenti modalità operative (potenza, fluenza, focalizzazione ecc.).

La porzione di energia della radiazione laser depositata sui tessuti che viene assorbita è responsabile della maggior parte degli effetti terapeutici: essa viene convertita localmente in energia fotochimica, energia fototermica, energia fotomeccanica e fotoacustica, a seconda della tipologia di laser in uso e della modalità di emissione.

Considerando le diverse regioni dello spettro della luce possiamo identificare tre grandi gruppi per quanto riguarda la caratteristica interazione laser-tessuto:

  • radiazioni laser emesse nello spettro della luce visibile: il laser KTP (o neodimio duplicato a 532 nm) e il laser ad argon (488-514 nm), producono effetti di assorbimento e diffusione di entità sovrapponibile, con profondità di penetrazione tra 100 µm e 1 mm, quindi mediamente superficiale e uniforme;
  • radiazioni emesse nello spettro del rosso (600-700 nm visibile) e del vicino infrarosso (810-830-908-940-980 e 1064-1340 nm), presentano una diffusione (scattering) predominante sull'assorbimento, con una penetrazione variabile da 1 a 4 mm, quindi estremamente penetrante se paragonata alla precedente (laser a diodi e Nd:YAG/YAP).
  • radiazioni emesse nella finestra del medio e lontano infrarosso dello spettro (2780-2940-10 600 nm) presentano un assorbimento prevalente della radiazione estremamente superficiale, da 100 a 300 µm, con fenomeno di diffusione praticamente trascurabile (Er,Cr:YSGG, Er:YAG-CO2)

Queste semplici considerazioni di fisica ottica spiegano con quale modalità avvenga l'interazione delle diverse radiazioni laser sui tessuti e vanno sempre ricordate per meglio comprendere gli effetti biologici desiderati e indesiderati.

La tecnologia laser-assistita in traumatologia dentale

L'impiego della tecnologia laser in traumatologia orale pediatrica rappresenta un'importante possibilità di terapia, sia nell'urgenza del pronto soccorso che nella pratica quotidiana ambulatoriale, considerando che può essere utilizzata in tutte le situazioni successive a un trauma dentario.
Tutte le lunghezze d'onda in uso possono essere utili in queste circostanze.
Possiamo classificare i laser in: laser per il trattamento dei tessuti duri e molli, laser per il trattamento dei tessuti molli e laser per biostimolazione ed effetto antalgico (Low Level Laser Therapy, LLLT) (tabella 3).

I laser dentali presentano tre principali vantaggi che ben si applicano anche alle problematiche traumatologiche:

  • possono completare le normali procedure odontoiatriche, con un impatto psicologico positivo per il paziente;
  • possono sostituire terapie convenzionali con risultati sovrapponibili o a volte migliori;
  • offrono nuove opportunità di trattamento, per esempio con l'utilizzo dei laser a effetto antalgico e biostimolante.

L'azione del laser, priva di contatto, provoca un impatto delicato e confortevole sul paziente, favorendo la diffusione del suo uso come strumento alternativo alle tecniche tradizionali, soprattutto in pazienti fobici o pediatrici, o come strumento di complemento di terapie minimamente invasive eseguite con strumentario tradizionale (coagulazione della polpa esposta, gengivectomia, gengivoplastica, allungamento coronale, desensibilizzazione e sigillo dentinale, trattamento di lesioni infraossee post-traumatiche).

Il trattamento odontoiatrico laser-assistito si è dimostrato indicato anche nei soggetti disabili sia per la terapia conservativa che negli interventi di piccola chirurgia ambulatoriale.

La terapia laser si basa su due concetti fondamentali: la conservazione dei tessuti (micro-odontoiatria) e la prevenzione della preparazione tessutale.
L'utilizzo delle tecnologie laser è diventato un gold standard in molti campi della medicina, ma non è ancora il caso della traumatologia dentale.

L'utilizzo delle diverse lunghezze d'onda con parametri corretti permette di preservare i tessuti da alterazioni strutturali, evitare reazioni infiammatorie pulpari, lavorare a una temperatura intracamerale inferiore rispetto all'uso di strumenti rotanti convenzionali (riduzione delle complicanze pulpari e ridotta trasmissione termica), ridurre la sensibilità nel postoperatorio (per assenza di trauma meccanico), ridurre l'utilizzo di terapia farmacologia fruendo degli effetti antalgici, antidolorifici e antinfiammatori della terapia a bassa intensità.

La maggiore difficoltà che si incontra approcciandosi alla terapia laser è quella di dovere apprendere una scienza di base e una tecnica di lavoro che sono assolutamente diverse dalle tecniche tradizionali in uso: è facilmente comprensibile come uno strumento preciso per definizione come il laser, lavorando in odontoiatria (a contatto o non), possa perdere parte della sua caratteristica di precisione se non affiancato a una corretta tecnica di utilizzo.

La mancanza di applicazione nell'apprendimento della nuova tecnologia porta inevitabilmente all'insuccesso e all'accantonamento dello strumento e della tecnica, che potrebbe essere successivamente ritenuta inefficace e inefficiente.

Il prezzo spesso elevato delle apparecchiature e il costo/tempo dell'apprendimento sono altresì importanti fattori sfavorevoli per chi si vuole avvicinare a queste tecniche.

Lesioni traumatiche dei tessuti duri e della polpa

Frattura complicata e non della corona
Questo tipo di frattura coinvolge smalto e dentina e, se complicata, espone la polpa dentaria. È l'evenienza più frequente in traumatologia, spesso associata a traumi dei tessuti molli; va sempre investigata la possibilità di dislocazione del frammento nei tessuti molli e come in ogni situazione clinica è fondamentale il rilievo radiografico.

L'utilizzo della tecnologia laser, la ricerca e l'evoluzione dei sistemi di restauro adesivi hanno cambiato notevolmente l'atteggiamento clinico.

I laser della famiglia erbio garantiscono ottimi risultati riducendo le complicanze e la sensitività post-operatoria grazie alla loro minima invasività e al loro efficace effetto ablativo sui tessuti. I laser della famiglia erbio sono indicati per il trattamento delle fratture coronali complicate e non e/o reincollaggio del frammento. In questo primo decennio di ricerca molti Autori hanno studiato i parametri e le variabili di queste tecnologie, valutando gli effetti morfologici sui tessuti sia duri che molli: gli effetti della densità di energia, della frequenza di ripetizione dell'impulso e della percentuale di aria/acqua hanno portato a risultati non solo sovrapponibili alle tecniche convenzionali ma anche migliori in termini di riduzione della preparazione e migliore accettazione come tecnica operativa, da parte del paziente, specie se pediatrico13.

La preparazione laser è strettamente correlata a diverse variabili: densità di potenza e di energia (power density-fluence), modalità di emissione dell'energia (impulso singolo, continuo, pulsato, super-pulsato), angolazione del laser, distanza di applicazione, percentuale di aria/acqua, tempo di applicazione possono influenzare pesantemente i tessuti, procurando alterazioni e/o danni14. Il taglio eseguito con acqua risulta preciso, pulito, l'area preparata presenta una superficie microritentiva, priva di fango dentinale e altamente decontaminata per l'elevato potere battericida del laser.

L'ablazione è prevalentemente a livello intertubulare, creando la caratteristica superficie laser-irradiata, irregolare, con orifizi tubulari a rilievo, ben aperti, mentre la matrice collagenica di superficie risulta assente; è necessaria la mordenzatura per determinare un aspetto di classe I di Silverstone a livello smalteo e permettere un ottimale adattamento delle resine composite.

Grazie all'irradiazione sub-ablativa, irradiando in modo defocalizzato a bassa energia riducendo molto la percentuale di acqua dello spray e a bassa ripetizione di impulso si produce analgesia e si ottengono a livello smalto-dentinale le caratteristiche precedentemente descritte.


La possibilità di lavorare senza o con una minore quantità di anestesia appare sicuramente un'arma vincente non solo in odontoiatria infantile, ma anche in traumatologia dentale.
I laser a erbio sfruttando il loro effetto termico sono in grado di agire sui tessuti duri dentali e sul complesso pulpo-dentinale e di essere utilizzati per:

  • 1. preparazione e decontaminazione degli elementi dentari fratturati;
  • 2. trattamento dell'ipersensibilità dentinale;
  • 3. coagulazione e decontaminazione pulpare nelle procedure di incappucciamento pulpare;
  • 4. pulpotomia;
  • 5. rimozione del fango dentinale e decontaminazione canalare a completamento del trattamento endodontico.

La decontaminazione batterica ottenuta con la preparazione laser è estremamente elevata e, in caso di cavità profonde in contiguità con la camera pulpare, risulta efficace nel creare un campo decontaminato necessario per il mantenimento della
vitalità pulpare.

Il trattamento della dentina profonda è estremamente importante anche per prevenire quei fenomeni di ipersensibilità che seguono ricostruzioni conservative profonde, specie nei denti traumatizzati. A questo scopo sono state proposte la fusione e la sigillatura dei tubuli dentinali, che si inducono con i laser che, «lavorando senz'acqua», sfruttano il loro effetto termico con evaporazione della matrice organica e la ricristallizzazione dell'idrossiapatite.

Questa procedura dà origine a una riduzione della permeabilità ai fluidi, ma comporta anche una riduzione assoluta dell'adesione dei materiali compositi: è una tecnica difficile da eseguire, consigliata ai soli operatori esperti.
Il laser Nd:YAG e il laser a diodi hanno anch'essi una azione benefica nei traumi diretti; i loro tessuti bersaglio sono emoglobina e melanina e per una minima parte l'acqua.

L'effetto termico si diffonde nei tessuti molli con una profondità di penetrazione di 3-4 mm: questo permette un effetto coagulante eccellente nell'incisione e vaporizzazione dei tessuti molli e un potente effetto decontaminante anche dell'endodonto. L'utilizzo di fibre sottili e flessibili (200 µm) permette l'accesso ai canali radicolari al termine della strumentazione, per la decontaminazione prima dell'otturazione canalare: la diffusione laterale (scattering) e la sua penetrazione in profondità permettono una decontaminazione tridimensionale del sistema endodontico sino a 1 mm di distanza dal lume principale. L'energia dei laser a diodi viene emessa sia in modalità continua (continuous wave, cw), a singolo impulso, che in modalità pulsata e superpulsata (più precisamente si tratta di emissione di energia interrotta meccanicamente, «gated»).

La durata degli impulsi è variabile, a partire da 0,1 ms, le frequenze sono variabili fino a 1000>10 000 Hz, permettendo di controllare bene l'erogazione termica della radiazione.

L'effetto termico dei laser a diodi si diffonde nei tessuti molli meno in profondità, intorno a 2 mm; l'utilizzo di fibre sottili (200 mm) permette una decontaminazione canalare tridimensionale del sistema endodontico sino a 750 µm di distanza dal lume principale28.
Questi laser, sfruttando il loro effetto termico sono in grado di agire sul complesso pulpo-dentinale ed essere utilizzati per:

  • trattamento dell'ipersensibilità dentinale;
  • decontaminazione e sigillatura dentinale;
  • coagulazione e decontaminazione pulpare nelle procedure di incappucciamento pulpare;
  • pulpotomia;
  • decontaminazione canalare a completamento del trattamento endodontico (nei denti necrotici).

Il laser CO2 ha un effetto puramente termico, il 90-95% della sua radiazione viene assorbito negli strati più superficiali di tessuto (da 100 a 300 µm a seconda della modalità di emissione) sotto forma di energia termica.

Solo una piccola quota di energia viene diffusa ai tessuti adiacenti o dispersa per riflessione di superficie. L'effetto termico del laser CO2 ha la capacità di sigillare i vasi sanguigni e linfatici di piccolo calibro (0,3-0,5 mm di diametro) realizzando un effetto coagulante eccellente; per questo il laser CO2 ha una specifica indicazione nel campo traumatologico, nelle seguenti applicazione cliniche:

  • coagulazione e decontaminazione pulpare nelle procedure di incappucciamento pulpare laser-assistito;
  • pulpotomia;
  • taglio chirurgico (per esempio rimozione di un frammento dentale in area mucosa).

Esistono pochi studi indicizzati su PubMed sulla capacità di mantenere la vitalità pulpare a seguito di un incappucciamento.

Si consiglia l'uso del laser in modalità continua o superpulsata, poiché questo ha presentato elevate percentuali di successo (89% a 1 anno dopo emissione di 1 W in cw, contro il 68% del gruppo controllo (solo idrossido di calcio) e 93% 2 anni dopo emissione di 1 W con pulsazioni di 0,1 s con 1 s di intervallo, contro il 66% del gruppo controllo (solo idrossido di calcio) con l'applicazione superpulsata del laser CO2).

 I primi studi sulla pulpotomia eseguita con laser CO2, sono stati eseguiti su modello animale con valutazioni istologiche preliminari che hanno riportato risultati incoraggianti. I primi studi sulla pulpotomia eseguita in vivo con laser CO2, hanno confrontato l'utilizzo del laser CO2 al formocresolo in denti programmati per estrazione a scopo ortodontico e valutati clinicamente e radiologicamente. Studi successivi hanno riportato risultati favorevoli, con percentuale di sopravvivenza variabile dal 91% al 98%31. Altri studi hanno nuovamente sottolineato come l'utilizzo della modalità superpulsata comportasse un marcato incremento di successo rispetto alla modalità continua, mentre altri ricercatori hanno sottolineato anche la correlazione tra la guarigione e l'età e la grandezza-riassorbimento dell'apice dei denti decidui. Gli interventi di piccola chirurgia gengivale e mucogengivale possono essere eseguiti con estrema semplicità con tecnica laser. Il laser CO2 è estremamente efficace nell'azione di taglio e di coagulazione dei tessuti molli, con incisioni veloci, nette, pulite e con un controllo ottimale dell'emostasi.

Frattura corono-radicolare e radicolare

La bassa frequenza di questo tipo di trauma e della sua varietà clinica rende difficoltosa la raccolta di un campione per uno studio a lungo termine. La guarigione della frattura corono-radicolare non è prevedibile quanto la frattura radicolare, che è interamente collocata all'interno dell'alveolo. Per quanto riguarda la prima, il frammento coronale viene generalmente rimosso e il trattamento dovrebbe essere focalizzato sulla possibilità di utilizzare ciò che rimane. La terapia può prevedere diverse opzioni:

  • può essere rimosso il frammento coronale;
  • può essere riattaccato il frammento coronale;
  • può essere attuata una estrusione ortodontica.

La terapia laser-assistita può essere utile non solo per il restauro del frammento coronale, ma anche per la piccola chirurgia dei tessuti di sostegno (gengivoplastica, gengivectomia, allungamento di corona clinica) e per la terapia canalare. I laser sono molto efficaci in queste situazioni cliniche per la loro capacità di taglio, ablazione, incisione, correzione dei tessuti, correzione dei difetti gengivali, con poco o assente sanguinamento, efficace emostasi indotta, capacità di decontaminazione, modesto disagio intra- e postoperatorio per il paziente, non necessità di sutura, buona e rapida guarigione per seconda intenzione.

In queste situazioni cliniche i laser Nd:YAG e il diodo hanno un impiego elettivo per la loro capacità di penetrazione rispetto a quelli più superficiali (quelli a CO2 e a erbio).

Poiché nelle fratture radicolari la terapia prevede riposizionamento e splintaggio del frammento coronale, e il tempo intercorso fra la lesione e la terapia di emergenza (fissazione = splint) è indirettamente proporzionale alla possibilità di riduzione totale della frattura, questa va eseguita in anestesia locale.

È necessario calibrare la resistenza dello splintaggio in base al numero degli elementi traumatizzati e al tipo di filo relati naturalmente a immaturità radicolare, età, ridotto dislocamento. Poiché la fissazione va mantenuta in situ per 2-3 mesi possono essere utilizzati attacchi ceramici. Per ridurre il rischio di distacco di un bottone in resina (se la fissazione è costituita da filo + composito) o di un attacco ortodontico, può rivelarsi efficace laserizzare preventivamente al bondaggio con laser a erbio. Infine la procedura di distacco (debonding su attacco ceramico) potrà essere atraumatica, più sicura per l'elemento dentario e più confortevole per il paziente utilizzando un laser Nd:YAG.

Lesioni traumatiche ai tessuti di sostegno

I traumi indiretti sono lesioni ai tessuti di sostegno, in particolare all'osso alveolare, al parodonto, alla mucosa orale e gengivale, ai legamenti, ai frenuli e alle labbra.

Il laser Nd:YAG e a diodo hanno un effetto benefico a livello parodontale.

Il loro potere battericida e di decontaminazione, l'effetto biostimolante e riparativo, l'attivazione dei sistemi proliferativi cellulari (già ottenuta con diodi semiconduttori λ 632,8 nm, 810 e 904), il controllo del dolore post-traumatico ben si applicano a queste situazioni cliniche:

  • decontaminazione dell'alveolo a seguito di avulsione traumatica;
  • trattamento di difetti parodontali a seguito di lussazioni o sub-lussazioni;
  • microchirurgia gengivale a seguito di trauma dentale;
  • gengivectomia e gengivoplastica;
  • taglio chirurgico.

Infine questo tipo di irraggiamento può controllare il dolore post-traumatico (effetto analgesico) sui tessuti sia duri che molli. Già alcuni lavori sono stati condotti, ma ulteriori studi clinici sarebbero necessari per definire le dosi ottimali.

Nella chirurgia mucogengivale il diodo e il laser Nd:YAG vengono rispettivamente utilizzati il primo in modalità continua o pulsata, e il secondo in modo pulsato ma con differenti ampiezze d'impulso.

I laser utilizzati nella biostimolazione, e in particolare il diodo con la sua ottimale capacità di penetrazione, usati a potenze molto basse (inferiori a 0,1 W) sono in grado di esercitare effetti significativi sulla riduzione dell'edema postoperatorio, velocizzando i tempi di guarigione e attenuando gli eventuali disturbi algici.

Oltre alle innegabili evidenze cliniche, sono stati eseguiti numerosi studi scientifici sia in vivo che in vitro per dimostrare come la radiazione laser, anche a bassissimi livelli energetici, possa determinare la produzione di fattori di crescita e trasformazione negli osteoblasti umani con elevati livelli di proliferazione, differenziazione e formazione di attacco.

Laser GaAlAs da 808 nm in range di fluenza tra 1,5 e i 3 J/cm2 sono stati testati in alcuni studi osteodepositivi; allo stesso modo l'irraggiamento con laser a diodo 808 nm a 10 mW in modalità continua, con fluenza compresa tra 1,96 e 7,84 J/cm2 ha dimostrato un notevole incremento di attività e di proliferazione su colture di fibroblasti, fino a oltre 72 ore dall'irradiazione.

Queste evidenze testimoniano come l'uso di queste strumentazioni sia entrato a pieno e di diritto nei protocolli clinici post-chirurgici, sia in parodontologia come pure in implantologia ove soft laser e diodo vengono utilizzati con potenze dell'ordine dei 10 mW, in modalità continua e preferibilmente con manipoli defocalizzati.

La selettività d'azione, la precisione elevata di questi strumenti, disturbi postoperatori assenti o molto ridotti, la più rapida guarigione, la minore tendenza all'infezione, il controllo del sanguinamento che permette all'operatore di mantenere un perfetto controllo visivo (valido soprattutto non solo per tutte le lussazioni ma anche per i reimpianti immediati) grazie all'azione emostatica (Nd:YAG e diodo) ridisegnano tecniche, delineano nuovi confini, creano nuove possibilità riabilitative.

Nell'avulsione dentaria, spesso associata a traumi della mucosa labiale, può essere importante l'utilizzo di un laser a diodo o di un laser Nd:YAG per la loro efficace azione non solo di decontaminazione alveolare, ma anche per favorire la cicatrizzazione mucosa e ridurre l'algia.

Infine, là dove può essere tentato un reimpianto dentale, si potrà procedere alla decontaminazione del sito ricevente con un manipolo a contatto di un laser a erbio più lungo rispetto a quello convenzionalmente utilizzato per la cura dentaria, e cioè un manipolo della lunghezza di 2 cm. Questa stessa manovra di decontaminazione è attuabile con un diodo o con un laser Nd:YAG.

Gli studi effettuati sull'irraggiamento radicolare con Er:YAG con abbondante getto di raffreddamento ad acqua testimoniano che la superficie radicolare si presenta con microirregolarità, senza linee di frattura (cracks) e senza effetti termici collaterali (melting e microfratture), come invece è riportato dopo irraggiamento con laser CO2 o Nd:YAG.

Lo strato superficiale e radicolare, se irraggiato con Er:YAG e utilizzando parametri corretti, si presenta senza significative alterazioni del cemento o della dentina; negli studi condotti in vitro39,40, si realizza una condizione più favorevole per l'adesione di fibroblasti, rispetto alle condizioni radicolari ottenute con il solo currettaggio meccanico convenzionale.
Inoltre l'irraggiamento, anche a bassa potenza, con Er:YAG risulta avere un effetto battericida efficace sui batteri responsabili della parodontopatia.

Basandosi sui risultati promettenti realizzati in vitro, si sono susseguite molte ricerche cliniche. Watanabe e collaboratori hanno dimostrato l'efficacia ablativa del laser a erbio, i suoi ridotti effetti collaterali e la riduzione della tasca parodontale dopo irraggiamento con parametri 11,3 J/cm2/pulse e 10 Hz), mentre Schwarz e collaboratori riportano risultati simili o anche migliori (14,5 o 18,8 J/cm2/pulse e 10 Hz) rispetto al currettaggio tradizionale, in termini di sanguinamento indotto, profondità delle tasche, miglioramento del livello di attacco clinico. La ricerca ha sottolineato come per avere un netto miglioramento sia importante la rimozione del tessuto di granulazione infetto dalle pareti dei tessuti molli: la terapia laser-assistita o la sola laser terapia in parodontologia sembra essere molto più efficace rispetto alla terapia meccanica convenzionale.

In modo particolare il laser a erbio ottiene una rimozione efficace e sicura del tessuto di granulazione e una levigatura radicolare (10 J/cm2/pulse - 10 o 20 Hz) nelle procedure con lembo chirurgico; detto trattamento risulta efficace, sicuro e promettente anche in presenza di difetti ossei.

L'utilizzo di un laser a erbio con manipolo a contatto e testa allungata (2 cm), introdotto nell'alveolo, viene suggerito non solo per avere un effetto antibatterico ma anche per rimuovere tessuto di granulazione e indurre sanguinamento. È stata dimostrata anche la sua efficacia in chirurgia ossea: i laser della famiglia erbio possono asportare tessuto osseo con minimi effetti termici.
È stato infine dimostrato dal punto di vista istologico che un osso microscopicamente irregolare, detossinato con laser a erbio (Er:YAG o Er,Cr:YSGG), promuove l'adesione di plasmaproteine nelle prime fasi riparative.

In base alle seppur limitate ricerche a oggi condotte, anche l'Er:YAG, come pure l'Nd:YAG, il diodo e l'argon laser, sembrano offrire ottime possibilità terapeutiche, anche nella parodontologia per le loro caratteristiche di efficacia nel trattamento della superficie radicolare e dei tessuti gengivali nonché per la loro capacità di disinfezione; inoltre risulta molto interessante il potenziale effetto di biostimolazione dovuto alla diffusione e alla penetrazione di queste stesse lunghezze d'onda nei tessuti bersaglio circostanti. Infine l'uso degli effetti di biostimolazione e di controllo algico operati con LLLT fanno parte integrante della terapia postoperatoria del paziente.

Esiti a carico dei permanenti

I traumi dentari subìti in dentatura decidua possono causare esiti di varia entità ai denti permanenti. Esistono due principali meccanismi eziopatogenetici:

  • impatto traumatico diretto;
  • lesione indiretta.
  • I traumi ai tessuti di sostegno (lussazione intrusiva, laterale e avulsione) sono quelli che più frequentemente causano postumi ai denti permanenti. La terapia laser-assistita può essere utile in caso di:
  • displasia smalto-dentinale, trattabile con laser a erbio;
  • ipoplasia orizzontale dello smalto, trattabile con laser a erbio;
  • eruzione ectopica, trattabile con interventi ai tessuti molli, gengivoplastiche, opercolectomie, frenulectomie che si possono eseguire con tutte le lunghezze d'onda del vicino-medio e lontano in infrarosso.

Low level laser therapy

La Low Level Laser Therapy (LLLT), o soft laser therapy, è un trattamento atraumatico, non invasivo che coinvolge luci terapeutiche per l'irraggiamento dei tessuti e favorisce il processo riparativo.
Vi è una vasta rassegna di lavori scientifici a questo riguardo, ma sussiste un ampio dibattimento scientifico dal punto di vista metodologico e dosimetrico.
La maggior parte degli studi iniziali utilizzarono un laser a gas, elio-neon, come mezzo attivo (632,8 nm), mentre attualmente si utilizzano dei diodi semiconduttori (830 nm o 635).
Il coefficiente di assorbimento dell'acqua di queste lunghezze d'onda è ridotto e la radiazione è in grado di penetrare sia tessuti molli che duri da 3 a 15 mm.

La LLLT ha molteplici applicazioni in odontoiatria: dall'applicazione sui tessuti molli (effetto biostimolante per stomatite aftosa ed erpetica, mucositi, pulpotomia), all'applicazione nella stimolazione della trasmissione nervosa (effetto antalgico per rigenerazione neuronale, dolore temporo-mandibolare, dolore post-chirurgico, dolore a seguito di movimento ortodontico), alla modificazione del flusso sanguigno e del drenaggio linfatico (effetto antinfiammatorio).

La biostimolazione si applica alle seguenti situazioni cliniche:

  • eruzione dolorosa di elementi dentari decidui e/o permanenti (irradiazioni dei linfonodi nell'area);
  • effetto antalgico sulla mucosa prima di eseguire, ove necessario, anestesia loco-regionale per infiltrazione;
  • applicazione diretta a seguito di esposizione cavitaria per ridurre il dolore;
  • biostimolazione delle ferite post-traumatiche (mucose e labbra), stomatite aftosa, lesione erpetica, mucositi;
  • terapia postendodontica (dopo incappucciamento pulpare, dopo apexogenesi o apecificazione);
  • movimento ortodontico;
  • trattamento dei disordini maxillo-facciali.

Conclusioni

La terapia laser è estremamente efficace nella traumatologia dentale, come pure dovrebbe rappresentare il gold standard in odontoiatria pediatrica. I laser in campo traumatologico permettono un trattamento ottimale, minimamente invasivo sia sui tessuti duri che su quelli di sostegno.
Occorre conoscere bene l'utilizzo del laser senza mai dimenticare le linee guida in campo internazionale per non attuare manovre incaute e imprecise.
È fondamentale per l'operatore conoscere le diverse lunghezze d'onda e la loro interazione con i tessuti biologici e aver effettuato un adeguato periodo di apprendimento e applicazione clinica in modo da garantire una azione selettiva e sicura per promuovere un uso ottimale di queste tecnologie, specie in campo pediatrico. Il futuro appare promettente.



Tumori al cavo orale 

Il solo parlare di patologie tumorali, sovente, è vissuto come un vero e proprio tabù. Far finta di niente è il modo più semplice per allontanare la paura, ma anche il più rischioso. È invece fondamentale parlarne per sensibilizzare alla prevenzione e alla diagnosi precoce. Perché prevenire significa vivere. Più a lungo e bene.

Il carcinoma orale rappresenta la sesta forma di cancro più comune al mondo. In oltre il 90% dei casi ha origine dalla trasformazione tumorale delle cellule di rivestimento della bocca. Poiché all'osservazione microscopica queste hanno l'aspetto di squame, tali tumori sono definiti carcinomi a cellule squamose. Essi sono localizzati nel 30-40% dei casi sulla lingua, nel 25-30% sotto di essa, sul pavimento della bocca, e nel 25-30% nella parte confinante con la faringe. I tumori orofaringei rappresentano il 5% dei tumori nell'uomo e l'1% nella donna. La percentuale femminile, secondo indagini recenti, sta purtroppo progressivamente aumentando. Complessivamente, ogni anno, in Italia si registrano circa ottomila nuovi casi e circa tremila decessi.

La prognosi negativa è legata a diversi fattori, primo fra tutti lo stadio al momento della diagnosi, spesso in fase avanzata. Frequentemente, infatti, questo tipo di cancro si scopre quando la massa tumorale è già ingrandita al punto da richiedere interventi mutilanti che, molte volte, hanno scarsi risultati. La diagnosi precoce è fondamentale per la sopravvivenza e per ridurre le complicanze legate al trattamento del tumore. Se individuato precocemente può essere curato con successo, con elevate percentuali di guarigione. Il carcinoma orale è preceduto, generalmente, da un'alterazione morfologica della mucosa orale, definita disordine potenzialmente maligno. Questo fa comprendere l'importanza della visita odontoiatrica specialistica per l'intercettazione di un eventuale tumore ancora allo stadio iniziale. I ritardi diagnostici dipendono in genere da una sottovalutazione dei sintomi, spesso dovuta a una conoscenza insufficiente di questo tumore.

Alcune lesioni iniziali, clinicamente benigne, possono avere una significativa probabilità di trasformarsi e vengono pertanto definite precancerose. Si presentano sotto forma di macchie o placche, di colore bianco o rosso, denominate rispettivamente Leucoplachie e Eritroplachie. I sintomi iniziali del tumore sono di solito indistinti ed equivoci: lieve dolore, bruciore, senso di corpo estraneo, momentanei episodi di sanguinamento. In questa fase il tumore può presentarsi sotto forma di piccole piaghe, tumefazioni di bocca, faccia o collo in lenta costante crescita, piccole croste sulle labbra o ancora macchie di colore bianco o rosso facilmente sanguinanti. I sintomi del tumore negli stadi più avanzati sono invece più evidenti: frequenti emorragie, difficoltà nel parlare, deglutire, masticare, alitosi. L'aspetto delle lesioni in questo stadio è costituito per lo più da vaste e profonde ulcerazioni a cratere, sanguinanti, o tumefazioni talvolta di estese proporzioni che intaccano le strutture anatomiche adiacenti. Poiché la degenerazione neoplastica delle lesioni precancerose avviene in genere lentamente negli anni, la loro diagnosi precoce e la successiva rimozione portano alla completa guarigione, con conseguente diminuzione dell'incidenza e della mortalità per questo tumore.

Nel 75% dei casi il tumore del cavo orale è legato ad un abuso di alcol e fumo. La loro combinazione, in particolare, aumenta la probabilità di sviluppare la malattia di ben quindici volte. Non esistono sigarette light meno dannose, né un modo meno nocivo di fumare. È un fattore di rischio anche la masticazione del tabacco, e non solo la sua combustione, come dimostrato dall'elevata incidenza nei Paesi dove questa abitudine è estremamente diffusa. Anche i continui microtraumi, causati da protesi dentarie non idonee, denti scheggiati o fratturati, insieme ad una cattiva igiene orale e a ripetuti fenomeni infiammatori, sono fortemente associati all'insorgenza di questi tumori. L'eccessiva esposizione alla luce solare (o ai raggi ultravioletti artificiali di lampade e lettini abbronzanti) è associata alla comparsa di carcinomi delle labbra, come riscontrato in alcune categorie di lavoratori quali pescatori, agricoltori e muratori. Un altro fattore di rischio da non sottovalutare riguarda la presenza di alcune infezioni, specie quelle causate dal Papilloma Virus (HPV).È importante, soprattutto dopo i quaranta anni di età e se esposti ai fattori di rischio, monitorare periodicamente la propria bocca, prestando particolare attenzione ad ogni eventuale alterazione della mucosa orale. L'autoesame ha l'obiettivo di scoprire la presenza di piccole escrescenze, macchie di colore biancastro o rosso, ulcere, ferite, in particolare quelle che tardano a rimarginare. L'odontoiatra è il primo specialista in grado di rilevare i sintomi del carcinoma orale. Per questo le visite periodiche sono basilari. Oltre alla visita clinica, in presenza di lesioni, la successiva tappa diagnostica è rappresentata dall' esame citologico o istologico. La terapia del tumore della bocca si avvale della chirurgia laser-assistita, eventualmente associata a radioterapia e chemioterapia. 

Il tumore del cavo orale è fortunatamente uno dei più prevenibili, innanzitutto conducendo un corretto stile di vita, in modo da ridurre i fattori di rischio e, in secondo luogo, attraverso la diagnosi precoce che incrementa la probabilità di essere curati con il minimo danno.

Si consiglia, pertanto, di:

✅non fumare;

✅non abusare di alcolici;

✅proteggere le labbra con creme schermanti, nel caso di esposizione prolungata ai raggi ultravioletti;

✅rispettare una corretta igiene orale;

✅consumare ogni giorno cinque porzioni di frutta e verdura, preferendo i prodotti stagionali per il loro contenuto       di fibre, vitamine, sali minerali e antiossidanti;

✅osservare la propria bocca;

✅effettuare periodici controlli dal dentista.

Il tumore della bocca, se scoperto e trattato in fase iniziale, con le terapie oggi disponibili, può guarire in oltre il 90% dei casi!